Ricerca e istruzione, meglio Hollande o Sarkozy?

Il dado è tratto: il primo turno per le presidenziali francesi ha visto in testa il candidato socialista: il prossimo 6 maggio, quindi, Nicolas Sarkozy (27,07% dei voti) se la vedrà con François Hollande (28,56%). In questi anni, il Presidente ha cambiato in modo sostanziale il volto della ricerca scientifica francese, dando più autonomia alle università. La rivista britannica Nature ha intervistato i due contendenti all’Eliseo proprio sulla questione – non secondaria – dell’istruzione e della ricerca. Ecco le loro risposte. 

NICOLAS SARKOZY

Qual è stato il principale traguardo della sua presidenza?
Senza dubbio la legge del 2007 che dà autonomia alle università [togliendole] dal controllo centralizzato. Questo ha dato agli atenei un’ampia libertà di programmare le proprie strategie, ha permesso loro di possedere terreni e strutture, amministrare i fondi e ricorrere a prestiti per fare investimenti. Ora le università possono assumere i ricercatori senza il coinvolgimento del ministero – anche se gli scienziati sono impiegati statali – hanno una maggiore libertà di fissare gli stipendi e dare premi, invece che essere legati a una rigida scala nazionale dei salari. Dal 2007, i finanziamenti alle università sono aumentati del 22 per cento e nel 2008 abbiamo lanciato un piano da 5 miliardi di euro per rimettere in sesto una dozzina di campus universitari. 

Alcuni scienziati ritengono che iniziative per l’eccellenza stiano creando un sistema a due livelli. Come manterrà al ricerca e l’insegnamento in Francia?
Idex
 (Initiatives D’Excellence), l’iniziativa per l’eccellenza finanziata con 7,7 miliardi di euro dal Programme d’investissements d’avenir (da 35 miliardi) è analoga a un’iniziativa lanciata in Germania molti anni fa che ha visto l’emergere di nove istituzioni destinate a diventare università di livello mondiale. Noi ne abbiamo scelte otto in modo simile. Non c’è molta disparità nelle opportunità tra le università. Loro hanno altre occasioni oltre Idex. Il 90 per cento delle università francesi ha ricevuto qualche forma di supporto dal Programme d’investissements d’avenir. Se vogliamo campioni della ricerca di livello mondiale, abbiamo bisogno di concentrare le risorse nei centri dove la ricerca è un’eccellenza. 

Sono un grande fan del ciclismo e amo guardare il Tour de France. Non si è mai visto un gruppo accelerare perché quelli che stanno dietro aumentano l’andatura. Il gruppo accelera quando i leader accelerano. Allo stesso modo credo che il programma, poiché premia i migliori, sarà un traino per l’intero sistema di ricerca francese e per l’istruzione superiore, non solo i vincitori. 

Cosa si devono aspettare in futuro le grandi agenzie nazionali per la ricerca, come il Cnrs e l’Inserm?
La Francia è un caso a sé. Subito dopo la II Guerra Mondiale abbiamo creato delle agenzie separate dalle università per la ricerca di base. A quel tempo, un sistema del genere si trovava solo nei paesi comunisti, in particolare nell’Unione Sovietica e in Cina. Ora anche loro hanno abbandonato questo modello. Negli Stati Uniti, la maggior parte degli enti che fa ricerca sono università. Non è ancora così in Francia, ma questo è il nostro obiettivo. Le organizzazioni per la ricerca devono trasformarsi in agenzie di finanziamento a servizio degli atenei e delle istituzioni di ricerca. 

Molti scienziati di spicco lamentano il fatto che i finanziamenti ai laboratori da parte delle agenzie stanno diminuendo. Come pensa di rimediare a questa situazione?
Nel 2011 la spesa per la ricerca ha raggiunto il 2,3 per cento del Pil, prossimo al suo picco storico [2,36 per cento] dei primi anni Novanta. Il budget delle principali agenzie pubbliche – Cnrs, Inserm, Cea, Inra – sono cresciuti ogni anno dal 2007. E il bilancio della Agenzia nazionale per la ricerca è rimasto stazionario nonostante i 22 miliardi investiti nell’istruzione superiore e la ricerca per il Programme d’investissements d’avenir. Le migliori équipe hanno visto un aumento dei finanziamenti senza precedenti, ma questi soldi non sono necessariamente passati per le mani delle principali agenzie. 

Gli scienziati l’accusano di aver aumentato la burocrazia in un panorama già complesso. Come intende snellirlo?
È vero che sono sorte nuove strutture. Molte devono essere consolidate e altre semplificate o ridotte. Il panorama della ricerca e dell’istruzione superiore in Francia sta andando incontro a una riorganizzazione. È come un grande cantiere in cui, man mano che il progetto procede, le impalcature vengono smontate, i teli calati e appare la nuova costruzione. Così sarà per le università e la ricerca in Francia. 

L’energia nucleare continuerà a rappresentare il 75 per cento della generazione di elettricità elettrica?
Voglio intensificare la ricerca per lo sviluppo di impianti nucleari più sicuri, ma anche spingere lo sviluppo delle energie alternative. Voglio gestire l’inevitabile passaggio verso queste ultime, ma nel frattempo sarebbe sciocco e controproducente privare la Francia del suo prezioso patrimonio nucleare. 

Intende cambiare le leggi sugli embrioni umani e la ricerca sulle cellule staminali embrionali?
La questione è stata ampiamente dibattuta in parlamento durante la revisione delle leggi sulla bioetica nel 2011. La situazione attuale, in cui la ricerca sugli embrioni è proibita ma che prevede eccezioni per gli studi che possono portare a progressi terapeutici e per i quali non esistono alternative disponibili, è molto simile da un punto di vista scientifico a quello che propone il candidato socialista. Durante il dibattito sulla bioetica del 2011, i francesi si sono espressi chiaramente sull’inviolabilità della vita fin dal suo inizio. 

FRANÇOIS HOLLANDE

Le università francesi hanno vissuto grandi cambiamenti sotto il Presidente Sarkozy. Intende continuare il suo programma?
Le leggi del 2007 sull’autonomia universitaria devono essere profondamente riviste, ma non ci sarà un dietro front sul principio di autonomia. In ogni caso, se le responsabilità sono trasferite dallo Stato agli atenei, deve esserci uno spostamento adeguato di risorse. Voglio che i meccanismi di finanziamento alle università siano chiari e che questi non aumentino le disparità, soprattutto tagliando sull’insegnamento o sui salari dei lettori e dei ricercatori. Le riforme saranno discusse in un quadro normativo sull’istruzione superiore e la ricerca alla fine del 2013, preceduto quest’anno da una consultazione nazionale. 

Molti scienziati di spicco lamentano il fatto che i finanziamenti ai laboratori da parte delle agenzie stanno diminuendo. Come pensa di rimediare a questa situazione?
Quest’anno e quello precedente i finanziamenti generali per la ricerca nazionale e le agenzie nazionali sono diminuiti. Questo prova che le parole del Presidente sono solo fumo negli occhi. Io intendo ribilanciare i fondi ai core lab – il supporto permanente che permette ai team di pensare nel medio e lungo periodo – con progetti di finanziamento. Rifocalizzerò l’agenzia nazionale per la ricerca [la principale fonte dei finanziamenti ai progetti] sulle priorità nazionali, sui temi emergenti e sui progetti interdisciplinari. Farò una verifica dei conti dei piani lanciati dal precedente governo. Gli altri paesi pensano che la ricerca francese sia ricoperta di soldi, ma questi soldi non hanno coperto i tagli al Cnrs nei passati due anni, dove è arrivato il 25% in meno di finanziamenti. C’è un abisso tra i 22 miliardi annunciati dal Programme d’investissements d’avenir e la realtà, ovvero che i fondi non sono altro che gli interessi su quanto assegnato distribuiti su un arco di 10 anni: per ogni miliardo annunciato, la verità è che ci sono solo 34 milioni l’anno. 

Alcuni scienziati ritengono che le iniziative sull’eccellenza stiano creando un sistema a due livelli. Come manterrà al ricerca e l’insegnamento in Francia?
Dobbiamo recuperare il vero significato della parola eccellenza. Gli investimenti per il Programme d’investissements d’avenir ha aggravato le disparità tra le università. La ricerca francese non è solo quella che si fa a Parigi, Bordeaux, Tolosa, Aix, Marsiglia e Strasburgo. Non tornerò su decisioni prese, ma, dopo la revisione dei conti, chiederò che i fondi non assegnati siano usati per correggere le disparità geografiche, per assicurare che non si sviluppino deserti scientifici. Spingerò per la competizione tra le università con la cooperazione. 

Darà priorità alla spesa per la ricerca?
Farò dell’istruzione superiore e della ricerca una priorità. Farò dei giovani il centro del mio programma, dando la priorità all’istruzione dalla prima infanzia all’università. Favorirò la ricerca di base, che è stata sacrificata negli anni passati, prestando particolare attenzione alla biologia, dove i fondi sono molto al di sotto della media internazionale, e alle scienze ambientali. 

Cosa si devono aspettare dal futuro le grandi agenzie nazionali per la ricerca, come il Cnrs e l’Inserm?
Non dobbiamo eliminare quello che funziona. La Francia è fortunata ad avere le sue grandi organizzazioni per la ricerca oltre alle università. Queste organizzazioni devono ricoprire il loro ruolo di indirizzo degli sforzi nazionali, e di supporto alla ricerca portata avanti negli atenei. 

Quale sarà la sua politica sul nucleare e le altre tecnologie per l’energia?
Voglio che la Francia partecipi alla transizione energetica, riducendo la quota di energia nucleare dal 75 per cento al 50 per cento della produzione elettrica nei prossimi 15 anni. Creerò un ampio programma di ricerca sulle tecnologie più promettenti, come quelle sull’accumulo di energia, l’efficienza energetica e il greening di alcuni settori di produzione. 

Cambierà le leggi sugli embrioni umani e la ricerca sulle staminali embrionali?
Autorizzerò la ricerca sulle staminali embrionali, per chiarire la situazione creata dalla leggi del 2011 sulla bioetica, che hanno mantenuto il divieto su questa ricerca, permettendo eccezioni per progetti particolari. È importante mettere fine a questa ipocrisia. 

Come valuta l’impatto del Presidente Sarkozy sulla ricerca e sulle università?
Il Presidente ha introdotto molte riforme senza mettere a disposizione le risorse necessarie. Nel decennio passato, siamo caduti dal quarto al 15esimo posto a livello mondiale per la spesa in ricerca rispetto al Pil – il 2,26 per cento contro il 2,82 in Germania e il 2,9 per cento negli Stati Uniti. La Francia sta arrancando e i ricercatori hanno perso fiducia nei politici. Il mio primo obiettivo è fargliela ritrovare. 

via wired.it

Credit immagine a radiowood2000

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