Ricerca, questa sconosciuta

Tempi cupi per le industrie che vogliono scommettere su tecnologia e innovazione. La finanziaria presentata dal governo oltre a penalizzare fortemente la ricerca pubblica, non risparmia neanche quella privata. “Che ne esce davvero massacrata”, ha affermato Paolo Annunziato, direttore del nucleo Ricerca Innovazione e Net Economy di Confindustria, alla XII conferenza nazionale dell’Apsti (Associazione Parchi scientifici tecnologici italiani), svoltasi a Catania l’11 e 12 ottobre scorsi. A cui fa eco oggi sul Corriere della Sera Diana Bracco, consigliere incaricato per l’innovazione e lo sviluppo tecnologico sempre di Confindustria: “La ricerca italiana si trovava già in un momento particolarmente critico, ma questa finanziaria, se approvata nella forma presentata alle Camere, ne decreterebbe il collasso”. In particolare, l’indice è puntato sul mancato finanziamento del Far (Fondo per la ricerca applicata) gestito dal Ministero per la Ricerca e Università. Qui sono ferme 1500 domande di finanziamento per oltre 2500 milioni euro “e alcuni di questi, presentati nel 1999 e nel 2000, erano già stati considerati meritevoli di finanziamento. Le aziende hanno quindi iniziato a lavorare ma ora i finanziamenti vengono drasticamente tagliati”, ha spiegato Annunziato a Catania.A questo si aggiunge il silenzio del governo sui fondi da destinare alla legge 297/99 che favorisce e premia l’intervento della piccole e medie imprese a progetti di ricerca e innovazione finanziati dall’Unione europea. Se questi sono i presupposti le imprese italiane, impossibilitate a concorrere nel campo dell’hi-tech, dovranno concentrarsi su linee di prodotto a bassa tecnologia, su filoni tradizionali nei quali dovranno vedersela con la concorrenza di Paesi dove il costo del lavoro è molto più basso. Con scarse possibilità quindi di risultare vincitrici. Eppure il Piano nazionale della Ricerca approvato pochi mesi fa prevedeva un investimento nel settore pubblico e privato pari allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo nel 2003 con un aumento dello 0,1 per cento per ogni anno di legislatura fino a raggiungere l’1 per cento nel 2006 (comunque lontano dall’indicazione dell’Unione europea: 3 per cento entro il 2010). “Ciò significa che nella finanziaria odierna mancano almeno quattro milioni di euro”, scrive ancora Bracco sul quotidiano di via Solferino.La riscossa dell’innovazione “made in Italy”, potrebbe e dovrebbe passare, almeno nelle intenzioni dei membri dell’Aspti, proprio dallo sviluppo di queste realtà: uno spazio di incontro fra ricerca universitaria e applicazione industriale. “Dove si produca nuova conoscenza, competitiva a livello internazionale per poter veramente alimentare, attraverso il trasferimento di queste conoscenze, il sistema industriale italiano”, come ha spiegato aprendo la conferenza Eugenio Corti, presidente dell’Apsti. In Finlandia, per esempio, i parchi tecnologici sono stati un formidabile strumento di sviluppo nella transizione che ha trasformato la nazione da fornitore di legno, carta o merci industriali di bassa qualità per il mercato sovietico, a leader mondiale in settori di alto valore aggiunto come la telefonia mobile o le biotecnologie. Molti dei laboratori della Nokia, tanto per fare un nome famoso, sono insediati presso i Pst finlandesi e seguendo l’esempio della madre patria, la Nokia Italia ha voluto entrare nel Parco scientifico e tecnologico della Sicilia, nella sede di Catania. Qui, tra l’altro, “vengono realizzati progetti che coinvolgono i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo”, come ha spiegato Antonino Catara, presidente dell’area siciliana. Insieme a Marocco, Tunisia, Algeria, Francia e Spagna il Pst catanese ha infatti messo a punto il Mediterranean Dietetic Network, una rete di promozione della dieta alimentare mediterranea che produrrà un data base agroalimentare in quattro lingue (inglese, francese, italiano e spagnolo). Il patrimonio di conoscenze prodotto dai 29 parchi scientifici italiani è ragguardevole e viene studiato anche da altri Paesi: alla conferenza di Catania, per esempio, erano presenti delegazioni provenienti dall’Argentina e Portogallo, mentre all’inizio di settembre è stata la volta di quella dell’Iran che ha visitato il Parco Centuria (Cesena) e quello siciliano. Alla luce della crisi dell’industria italiana, che ha colpito in particolar modo la Sicilia, le esperienze di ideazione, progettazione e realizzazione scientifico-economica dei parchi scientifici e tecnologici sembrano davvero importanti per lo sviluppo economico del nostro Paese. Non andrebbero quindi sprecate, e semmai anzi incoraggiate nell’ambito di un piano finanziario per la ricerca che guardi a quella di base come a quella applicativa. Ma non sembra che sia questa la strada intrapresa dall’Italia.

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