Tecnologia

Rifiuti, con lo steam cracking il riciclo della plastica non ha più limiti

Resistenza all’usura e basso costo di produzione sono i fattori che negli ultimi sessant’anni hanno reso le materie plastiche vincenti su tutti i “vecchi” materiali: canapa, carta, legno, vetro, ferro… Colorate, leggere versatili hanno conquistato le nostre vite, diventando emblema della modernità. Ma ora che ne siamo sommersi anche in forma di “rifiuti” proprio queste due caratteristiche fanno risultare la plastica più problematica e insidiosa. La resistenza di questi polimeri ne facilita l’accumulo negli ecosistemi e il basto costo di produzione rende più economico produrre nuove materie plastiche da petrolio e gas fossili piuttosto che dal riciclo della plastica usata. Anche perché, quella così ottenuta è di volta in volta di qualità più scadente. Finora. Un gruppo di ricerca svedese, infatti, ha trovato un modo per riciclare la plastica all’infinito: lo steam cracking. Un processo di recupero chimico che, spiegano i ricercatori sulle pagine di Sustainable Materials and Technologies, permette di trasformare qualsiasi rifiuto di plastica in plastica nuova di alta qualità.

Produzione e riciclo della plastica oggi

Il cracking è un processo chimico tramite il quale le lunghe catene di petrolio vengono scisse in catene più piccole. Questo processo avviene nelle raffinerie in cui vengono creati dei “blocchi” costituiti da molecole semplici (monomeri) che possono quindi essere combinati in molte configurazioni diverse (polimeri), risultando nell’enorme varietà di materie plastiche.

L’attuale modello per il riciclo della plastica è “verticale”, tende a seguire la cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”. Ciò significa che la plastica viene ripetutamente degradata per poi ottenerne di nuova. Questo processo abbassa ogni volta la qualità del materiale prodotto, fino ad arrivare a un punto limite in cui non è più possibile il riciclo.

Un nuovo riciclo della plastica “circolare”

Il gruppo di ricerca di Henrik Thunman, professore di tecnologia energetica della Chalmers University di Gothemburg (Svezia) ha puntato invece allo sviluppo di un processo “circolare”: il riciclo avviene a livello molecolare attraverso la “cattura” di atomi di carbonio. Lo steam cracking, in pratica, scompone le plastiche prima in gas e poi in oli. Questi ultimi sono quindi utilizzabili per produrre nuove plastiche senza ricorrere ai composti di origine fossile (come il petrolio). “Trovando la giusta temperatura – circa 850 gradi Celsius – la giusta velocità di riscaldamento e il tempo di permanenza, con questo metodo siamo stati in grado di trasformare 200 kg di rifiuti di plastica all’ora in una miscela di gas che può essere riciclata a livello molecolare per poter diventare nuovo materiale plastico di qualità vergine”, afferma Thunman.

Il nuovo sistema di riciclo della plastica circolare. Illustrazione di Boid.

Dalla discarica all’infinito

Il processo proposto dal team svedese è applicabile a tutti i tipi di plastica trattati dal sistema di rifiuti, compresi quelli già da tempo immagazzinati in discarica o disperse in mare. E potrebbero essere usati anche i materiali a base biologica come carta, legno e vestiti di cotone. Ciò significa che potremmo ridurre gradualmente la percentuale di materiali fossili utilizzati per la plastica. Inoltre, il metodo prevede anche la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, che viene catturata durante il processo, configurandosi così come un sistema sostenibile e circolare per tutti i materiali a base di carbonio.

I ricercatori della Chalmers University sono ora impegnati a valutare gli aspetti tecnici necessari per integrare il riciclo “circolare” della plastica negli impianti petrolchimici in modo economicamente conveniente. Questo tipo di sviluppo potrebbe consentire una trasformazione estremamente significativa degli impianti di oggi in raffinerie di riciclaggio del futuro. “Il riciclo circolare”, conclude Thunman, “dà un valore reale alle materie plastiche usate e quindi un impulso economico per raccoglierle ovunque sulla Terra”. Un nuovo futuro verde potrebbe partire proprio dalla plastica.

Riferimenti: Sustainable Materials and Technologies

Copertina: Foto di Jasmin Sessler da Pixabay 

Ottavia Bettucci

Laura e PhD in Chimica, fa parte del team Tissue Electronics al Center for Advanced Biomaterials for Healthcare (CABHC-IIT Napoli), dove si occupa dello sviluppo di celle fotovoltaiche organiche in campo biologico. Appassionata di divulgazione scientifica, collabora con Galileo scrivendo di tecnologia.

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  • Una delle altre conseguenze dannose della plastica è che ha deprezzato quasi totalmente il valore del legno, le foreste non più curate sono in stato di abbandono, determinando gravi problemi idrogeologici.

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