Scoperto il plasticrust: rifiuti di plastica fusi con gli scogli

plasticrust
(Foto: Gestoso et al., Science of the Total Environment, 2019

Tappi di bottiglia, cotton fioc e chi più ne ha più ne metta. Che le nostre spiagge siano invase dalla plastica è ormai sotto gli occhi di tutti. Ma ora, uno strano e nuovo tipo di inquinamento da plastica, ancor più preoccupante, è stato appena notato in un’isola portoghese. Si tratta del plasticrust, ovvero un fenomeno nel quale una patina di plastica viene incorporata direttamente nella roccia, un po’ come quando una gomma da masticare si attacca al marciapiede. A lanciare l’allarme sulla rivista Science of The Total Environment è stato un team di ricercatori coordinato da Ignacio Gestoso, ecologo marino del Marine and Environmental Sciences Centre sull’isola portoghese di Madeira.

Il plasticrust grigio-blu

I ricercatori hanno scoperto le strane incrostazioni grigio-blu sulle rocce del litorale vulcanico dell’isola nel 2016 e, monitorandole negli anni successivi, hanno notato come queste siano diventate sempre più diffuse e di colori diversi. Per capire di cosa si trattasse esattamente, quindi, hanno deciso di raccogliere campioni ed effettuato specifiche misurazioni. Dalle analisi, i ricercatori hanno scoperto che in tre anni le croste erano passate da un singolo avvistamento a coprire quasi il 10% della superficie rocciosa. E la successiva analisi chimica del materiale ha rivelato che si trattava di polietilene, una plastica molto comune utilizzata negli imballaggi monouso e contenitori per alimenti. “Le incrostazioni probabilmente hanno avuto origine dallo schianto di grossi pezzi di plastica sulla roccia”, ha precisato Gestoso a Earther.

Gli effetti sugli organismi marini

Il plasticrust, spiegano i ricercatori, può avere impatti immediati. A Madeira, per esempio, questo nuovo tipo di inquinamento sta gradualmente sostituendo le incrostazioni biologiche sulle rocce, superfici su cui organismi marini, come i cirripedi e le lumache di mare vivono e si alimentano. Ma non solo: dalle osservazioni i ricercatori hanno scoperto che una specie di lumaca di mare che si ciba di alghe è quasi altrettanto abbondante sul plasticrust che sulle superfici rocciose naturali, suggerendo che questi organismi ingeriscano, quindi, parte della plastica.

Non è ancora chiaro quale effetto abbia l’ingestione di particelle di plastica da parte di questi organismi marini, anche se possiamo immaginarlo: per i pesci, per esempio, l’ingestione di microplastiche può bloccare i tratti digestivi o introdurre gli inquinanti, che aderiscono alle superfici plastiche, direttamente nei corpi di questi animali. Inoltre, non è ancora noto se il plasticrust si possa diffondere in altre parti del mondo, ma capire esattamente come viene generato e da quali materie prime sarebbe fondamentale per determinare la sua importanza per l’ambiente marino. “Come ecologo marino, preferirei riportare altri tipi di risultati, e non un documento che descriva questo inquietante nuovo modo di inquinamento plastico”, conclude Gestoso. “Purtroppo oggi l’entità del problema è così grande che ormai pochi posti sono privi di inquinamento da plastica”.

via: Wired.it

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