Categorie: Ambiente

Ruggine verde contro le scorie radioattive

È verde. Non solo per il suo colore ma anche per la sua possibile funzione di contenimento delle scorie radioattive. Si tratta di una forma di ruggine – green rust – altamente reattiva che, secondo lo studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Copenhagen e pubblicato sulla rivista Geochimica et Cosmochimica Acta, potrebbe essere impiegata per lo stoccaggio del nettunio, un sottoprodotto dell’uranio usato nei reattori nucleari.

Questa ruggine è un tipo di argilla contente idrossidi di ferro che si forma nelle falde freatiche o durante la corrosione dell’acciaio. Reagisce molto facilmente con le altre sostanze, soprattutto con un gruppo di 15 elementi chiamati attinidi (o attinoidi), di cui fanno parte anche uranio, plutonio e, appunto, nettunio.

Il nettunio è uno dei residui più scarsi e a bassa emissione di radioattività, ma ha un’emivita molto lunga: oltre i due milioni di anni (2,14×106). Quindi la sua mobilità rappresenterà un grave problema quando gli attuali contenitori per lo stoccaggio cominceranno a degradarsi. Attualmente, le scorie contenenti nettunio sono stoccate in recipienti di rame rivestiti di ferro che sono poi immersi in acqua. Secondo i ricercatori danesi, circondare questi contenitori con la ruggine verde potrebbe assicurare che le scorie non gocciolino via nell’acqua nel caso in cui i contenitori dovessero deteriorarsi. Oltretutto il nettunio è facilmente solubile in acqua, per questo motivo potrebbe diventare uno dei principali inquinanti radioattivi nelle falde e nei bacini acquiferi vicini ai siti di stoccaggio.

Quello delle scorie, oltre a quello della sicurezza delle strutture, rappresenta uno dei principali rovesci della medaglia dell’energia ottenibile attraverso la fissione nucleare. A oggi, infatti, non esiste una centrale che non produca rifiuti radioattivi, per nessuno dei quali è stata trovata una soluzione definitiva. Il nettunio ha un’emivita molto lunga ma non è il solo: il plutonio ha un tempo di decadimento pari a 250 mila anni e gli attinidi minori di circa 10.000.

Riferimenti: Geochimica et Cosmochimica Acta: doi:10.1016/j.gca.2010.12.003

(Credits immagine: Bo C. Christiansen/University of Copenhagen)

Caterina Visco

Laureata in Scienze Biologiche, ha lavorato come web content editor per il portale medico Yahoo!Salute. Nel 2009, dopo uno stage a Internazionale, approda a Galileo, dove, oltre contribuire alla produzione dei contenuti, è community manager e coordinatrice della redazione. Scrive per diverse testate giornalistiche tra cui L'espresso, Wired, Le Scienze, Mente e Cervello, Nova - Sole 24 ore, Il Venerdì di Repubblica.

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  • scambiare fissione nucleare con fusione nucleare per un articolo "scientifico" è imbarazzante

  • C'è un errore nell'articolo:
    "Quello delle scorie, oltre a quello della sicurezza delle strutture, rappresenta uno dei principali rovesci della medaglia dell'energia ottenibile attraverso la fusione nucleare"

    Ad oggi non produciamo energia da fusione nucleare ma solo da fissione nucleare.

    Saluti

  • Gentilissimo Marcus,
    grazie mille per la correzione. Ha sicuramente ragione è un grave errore ma mi creda è stato un errore di distrazione (che non deve accadere, e di questo mi scuso moltissimo), ci stavamo occupando di fusione in altri contesti. Grazie per essersi accorto dell'errore e avercelo segnalato prontamente.

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