Salute materno-infantile: fondi a rischio

Una su sette contro una su 26.000. Sono le probabilità che una donna ha di morire di parto a seconda che si trovi in Italia o in Ghana. Ma assicurare la salute materno-infantile nei paesi in via di sviluppo – il quinto obiettivo dei Millennium Development Goals fissati dalle Nazioni Unite per il 2015 – rischia di non essere più una priorità a causa della crisi economica, che sta spingendo i paesi a non onorare gli impegni presi. Tra questi l’Italia, che dai quattro milioni di euro donati all’Un/Fpa nel 2008 è passata ad appena 500.000 euro nel 2009. Servono, invece, almeno 60 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni, da investire nella salute primaria.

A dare voce alla denuncia  sono cinquantasei parlamentari di paesi africani, asiatici ed europei riuniti a Roma il 22 e il 23 giugno per la conferenza internazionale parlamentare “Investimenti strategici al tempo della crisi – Il vantaggio di dare priorità alla salute delle donne”, voluta e organizzata da un gruppo di Ong internazionali (Coalizione italiana contro la povertà, Forum parlamentare europeo sulla popolazione e lo sviluppo, Action Aid Italia  e Associazione italiana donne per lo sviluppo). Frutto dei due giorni di lavori sono un appello rivolto all’imminente vertice del G8, e un documento che elenca le risoluzioni pratiche che dovrebbero essere adottate per raggiungere l’obiettivo 5.

Il quadro attuale è questo: nei paesi del Sud del mondo muore di parto una donna al minuto, e altre venti sopravvivono con da gravi patologie croniche (fistole vaginali, prolasso dell’utero…); tra i 120 e i 140 milioni di bambine e di donne nel mondo sono state sottoposte a mutilazioni genitali e ogni otto minuti una donna muore per complicanze correlate ad aborti compiuti in condizioni di non sicurezza.

“Dobbiamo ridurre la mortalità delle madri, anche perché ogni dollaro investito nella salute materno-infantile si traduce in un risparmio di 4 dollari di assistenza sanitaria e 30 di interventi sociali”, ha dichiarato Keith Martin, parlamentare del Canada: “Non riusciremo a raggiungere il goal per il 2015, sia perché servono più fondi, sia perché dobbiamo raggiungere prima una situazione di buon governo. Conflitti, corruzione e mancanza di capacità sono alla base del fallimento”. Chiediamo quindi che i governi stanzino i soldi, e che questi servano a formare e retribuire medici e paramedici locali, e che tutti passaggi di denaro siano trasparenti e resi pubblici”.  

Ecco, in concreto, a cos’altro dovrebbero essere destinati i fondi: miglioramento dei servizi sanitari per le emergenze ostetriche; accesso a cibo, medicinali e strumentazione diagnostica primaria, a una vasta gamma di contraccettivi e a micronutrienti come il ferro; integrazione dei servizi per la salute sessuale e riproduttiva nei sistemi sanitari di base; monitoraggio e analisi dei dati sulla mortalità materna e la morbilità cronica, affinché si possano pianificare gli interventi futuri. Parallelamente il G8 deve promuovere l’uguaglianza di genere: proteggere le bambine e i loro diritti, assicurare l’accesso all’istruzione e coinvolgere gli uomini nei processi di emancipazione delle donne. Si chiede quindi ai paesi membri di stilare, entro il prossimo vertice, una road map che quantifichi le risorse disponibili e fissi gli obiettivi e le scadenze. 

Dal canto loro, i parlamentari avranno il diritto-dovere di controllare che i paesi beneficiari utilizzino effettivamente i fondi per raggiungere gli obiettivi del millennio: 110 paesi si sono già impegnati a svolgere controlli sul campo. (t.m.)

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