Scienziati e volontari al lavoro per preservare il patrimonio culturale ucraino

patrimonio ucraino
(Foto: 12019 on pixabay)

A tre settimane dall’inizio dei bombardamenti, continua la staffetta di scienziati e studiosi (ucraini e non), ma anche di gente comune, per mettere in salvo collezioni, reperti, archivi – un immenso patrimonio scientifico, artistico e culturale che rischia di essere perso per sempre. Un tema ricorrente in molte, analoghe tragedie. Il Museo Nazionale di Storia dell’Ucraina di Kiev e altri centri museali, per esempio, hanno smantellato le loro collezioni, spostandole in luoghi più sicuri all’interno del Paese. Mentre un migliaio di importanti opere e reperti preistorici del museo nazionale e di altri musei regionali si trovavano, fortuitamente, già al sicuro all’estero per una mostra al Museo Moesgaard di Aarhus, in Danimarca. C’è poi chi affida tutto alla memoria digitale, sperando di conservare una copia dei reperti che non si possono spostare. Storie di salvataggi disperati in una guerra disperata, racconta un articolo su Science.

Salvare il salvabile

Dove lo spostamento fisico non è possibile, si cerca di salvare il salvabile per lo meno in formato digitale. Così, subito dopo lo scoppio del conflitto, c’è chi, come un ricercatore dell’Istituto di Zoologia Schmalhausen di Kiev, è riuscito a trasferire un’imponente banca dati in digitale di mammiferi marini a colleghi francesi. E come lui, affidandosi a connessioni Internet precarie e spesso in mezzo ai bombardamenti, altri ricercatori hanno salvato intere, preziose collezioni digitali inviandole a istituzioni estere.

Iniziative analoghe sono partite anche dall’estero con l’intento di dare sostegno all’Ucraina. Un gruppo di studiosi, archivisti e programmatori ha creato tempestivamente l’organizzazione SUCHO (Saving Ukrainian Cultural Heritage Online), che mira a salvare il patrimonio culturale ucraino in digitale. A una settimana dal lancio dell’iniziativa, un migliaio di volontari da tutto il mondo aveva già raccolto più di 1500 siti di musei e biblioteche, mostre digitali, testi e pubblicazioni open access, annunciano in una nota Quinn Dombrowski della Stanford University, Anna Kijas dell’Università di Tufts e Sebastian Majstorovic del Centro austriaco per le scienze umani digitali e il patrimonio culturale. E l’Archivio Internet continua ad arricchirsi di materiali, alcuni già presenti nei server ucraini minacciati dai bombardamenti, altri come copie digitali scansionate in condizioni di emergenza.

E quando le collezioni sono viventi? È il caso del Centro ucraino per il recupero dei pipistrelli, il più grande dell’Europa orientale a occuparsi di ricerca e conservazione di questi mammiferi. Quando sono iniziati i bombardamenti, la prima preoccupazione di Anton Vlaschenko, biologo e responsabile del centro, è stata di liberare le centinaia di pipistrelli che erano in letargo nelle celle frigo. Il passo successivo, racconta a Science, è stato riporre più di 2000 minuscoli crani in scatoline di fiammiferi etichettate una a una. Che ha portato in salvo a casa sua, insieme ai pipistrelli in condizioni troppo precarie per essere liberati.

Non solo scienziati

Altre testimonianze arrivano, in modo frammentario, dalle diverse città e villaggi dell’Ucraina, dove alla catastrofe umanitaria si sommano i danni irreparabili a monumenti e chiese e all’intero patrimonio architettonico. Ovunque, è la popolazione stessa che si mobilita per proteggere la preziosa memoria storica e artistica del Paese. A Odessa, per esempio, un gruppo di volontari ha ricoperto di sacchi di sabbia una statua del duca di Richelieu, governatore della città nell’Ottocento.

A Leopoli, inclusa tra i siti patrimonio dell’Unesco, una parte della cattedrale latina è stata racchiusa in strutture di protezione, mentre molte opere artistiche sono scomparse da musei, gallerie e luoghi di culto per essere nascoste nei bunker. Come una pala d’altare della chiesa armena della città, che era stata messa in salvo allo stesso modo durante la Seconda Guerra Mondiale.

Riferimenti: Science, NPR, Reuters, The Guardian, SUCHO

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