San Valentino: la scienza dell’innamoramento

Il cuore batte più in fretta, gli occhi brillano, le gambe tremano e ogni altro pensiero sparisce di colpo dalla mente. Luoghi comuni sull’amore, è vero, ma anche indizi di quel che capita al nostro organismo quando ci innamoriamo. I battiti cardiaci per esempio aumentano per effetto dell’adrenalina, mentre gli occhi brillano perché l’attrazione sessuale fa dilatare le pupille e stringere le palpebre, e per un attimo gli occhi riflettono quindi una quantità maggiore di luce. Si tratta infatti di reazioni fisiologiche, sviluppate dalla nostra specie in risposta a precise esigenze evolutive, come quella di favorire l’accoppiamento e di assicurare l’accudimento della prole. Per San Valentino, la festa degli innamorati, esploriamo insieme alcune delle scoperte fatte dalla scienza sulla biologia dell’amore.

I sintomi
Molti dei sintomi più comuni dell’amore derivano dall’eccitazione sessuale, inevitabilmente presente anche nella più platonica delle infatuazioni. Se di fronte alla persona amata il vostro cuore inizia a battere all’impazzata, iniziate a sudare e vi tremano le ginocchia, la colpa è infatti di ormoni come l’adrenalinal’epinefrina e la norepinefrina, che vengono secreti per preparare il nostro organismo a situazioni stressanti e a un forte sforzo fisico.

L’adrenalina per esempio attiva il sistema nervoso simpatico, che a sua volta aumenta il battito cardiaco e dilata le arterie, aumentando di conseguenza quantità di sangue che raggiunge i muscoli del corpo. Capita in situazioni di pericolo, per preparare il corpo ad una rapida fuga, e capita per motivi simili in previsione dell’attività sessuale. Nel caso delle gambe che cedono la colpa sembra essere invece della norepinefrina, un “ormone dello stress” che aumenta l’attenzione e la concentrazione, ma che quando circola in alte quantità può dare la sensazione di avere le gambe deboli.

“Sono tutti i sintomi di quello che definiamo amore sono determinati da particolari sostanze chimiche che vengono rilasciate nel nostro organismo”, ci spiega Domenica Bruni, ricercatrice del dipartimento di Scienze cognitive dell’Università di Messina, e autrice del libro Storia naturale dell’amore (Carocci, 2010): “Si tratta fondamentalmente di reazioni istintive sviluppatesi nel corso dell’evoluzione per rendere possibili i comportamenti finalizzati alla riproduzione e alla cura della prole. In questo senso si tratta di istinti universali, guidati da aree cerebrali che abbiamo in comune anche con molte altre specie animali. Nella nostra esperienza però vengono trasformate in un’emozione soggettiva dalla neocorteccia, quella parte del cervello che è responsabile del pensiero cosciente, delle credenze e del pensiero simbolico. Possiamo dire che l’amore come viene sperimentato dalla nostra specie è una sorta di adattamento di un’emozione selvaggia da parte di menti simboliche”.

La scelta del partner
Se le reazioni sono determinate da sostanze chimiche, cosa fa sì però che ci innamoriamo di una determinata persona? Anche in questo caso, per buona parte è responsabile la biologia. “Esistono dei precisi vincoli naturali che lavorano al di sotto del livello della consapevolezza cosciente, e interagiscono con fattori di tipo culturale per indirizzare la scelta di un partner”, continua Bruni.

Pensiamo per esempio alla bellezza. Esistono aspetti di quello che viene considerato bello che sono decisamente determinati dalla cultura, come l’ossessione odierna per la magrezza, ma esistono anche caratteristiche biologiche che indirizzano l’idea di bello. “La bellezza di un volto è determinata in gran parte da fattori innati”, spiega Bruni. “Un volto regolare ad esempio tende ad apparire bello per questioni legate al funzionamento del nostro cervello. È stato dimostrato infatti che la simmetria bilaterale viene computata più velocemente dal nostro sistema visivo. L’elaborazione risulta quindi più semplice, e di conseguenza più piacevole”.

Un altro elemento importante nella scelta di un compagno è l’odore. Non perché evitiamo le persone maleodoranti, ma perché è stato scoperto che esistono dei vincoli genetici che influenzano l’olfatto, e che tendono a farci piacere persone con un odore diverso dal nostro. “L’odore corporeo è determinato dall’azione di specifici geni – continua Bruni – e quindi evolutivamente scegliere persone con un odore diverso permette di arricchire il patrimonio genetico delle future generazioni, e garantisce una maggiore probabilità di avere prole fertile e sana”.

Le fasi dell’amore
E una volta innamorati, cosa succede? Secondo l’antropologa cognitiva di Helen Fisher, della Rutgers University nel New Jersey, esisterebbero tre fasi diverse nell’amore, in cui sono coinvolte specifiche aree del nostro cervello.

La prima è quella del desiderio, cioè dell’attrazione sessuale, non indirizzata verso una persona in particolare. La seconda invece sarebbe quella dell’amore romantico, in cui il desiderio viene indirizzato verso una persona in particolare.

“Adrenalina, dopamina e serotonina sono le sostanze responsabili dei sintomi più classici in questa fase”, spiega Bruni. “Dipendenza emotiva, sbalzi di umore, gelosia, il pensiero invadente dell’oggetto del nostro amore, per esempio, sono tutte caratteristiche tipiche dell’amore romantico, dovute a bassi livelli di serotonina nel sangue. Questa fase è paragonabile ad una sorta di follia temporanea che colpisce il nostro cervello”.

Tanto trambusto chimico ed emotivo è estremamente dispendioso per il nostro organismo, ed è per questo motivo che dopo un po’ di tempo dall’inizio di una relazione stabile si entra in una nuova fase.

“La terza ed ultima fase è quella dell’attaccamento, indirizzata da un punto di vista biologico alla procreazione e alla cura dei figli, e caratterizzata da una maggiore tranquillità e dalla felicità con il proprio partner”, continua Bruni. “A determinare queste emozioni sono le endorfine, neurotrasmettitori che fanno parte del meccanismo cerebrale della ricompensa, e che prodotte in grande quantità danno un senso di euforia, simile all’effetto di alcuni tipi di droghe, come gli oppiacei”. Non stupitevi dunque se dopo qualche tempo il vostro partner sembra cambiare, perché (almeno in qualche modo) è colpa della biologia.

Soffrire per amore
Amare, come sappiamo tutti, vuol dire anche soffrire. La scienza però sta scoprendo che questo può essere vero in un senso quasi letterale. “Alcune aree del network cerebrale del dolore, come la corteccia sensoriale e l’amigdala, si attivano sia in presenza di uno stimolo doloroso, sia quando vediamo soffrire un’altra persona”, ci spiega Giorgia Silanineuroscienziata della Sissa. “Si tratta di risposte empatiche, che vengono amplificate da un sentimento come l’amore”.

Oltre a soffrire con la persona amata, e forse più spesso, è invece l’oggetto del nostro amore a provocarci un dolore. Anche in questo caso la metafora è più azzeccata di quanto si pensi normalmente.

Le pene d’amore infatti sembrano in grado di provocare nel nostro cervello una reazione estremamente simile alla sofferenza fisica. “Le ricerche portate avanti dal team di Tor Wager, dell’Università del Colorado, hanno dimostrato che di fronte ad una foto di una persona con cui abbiamo interrotto da poco una relazione romantica, nel nostro cervello si attivano alcune aree caratteristiche del dolore fisico”, continua la neuroscienziata. L’idea non è poi tanto strana, se si pensa a quanto spesso usiamo termini come ferita, o pugnalata nel cuore, per alludere alle pene d’amore”.

via Wired.it

Credits immagine: via Pixabay

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