Saponi sotto accusa: il triclosan è neurotossico per i bambini?

via Pixabay

Ancora brutte notizie per i “maniaci dell’igiene”. Fermo restando che lavarsi con cura e spesso – ma senza esagerare – le mani è importante per la salute, stavolta sotto i riflettori degli scienziati vi è il triclosan, un antibatterico contenuto in molti prodotti per l’igiene personale e della casa, che era già stato al centro dell’attenzione della ricerca, sospettato di avere effetti cancerogeni per il fegato e l’alterazione della flora microbica intestinale. Ora a essere chiamata in causa è la possibile interferenza con il normale sviluppo cerebrale nei neonati. Secondo i risultati di uno studio condotto dalla Brown University insieme ad altre università statunitensi, e recentemente pubblicato su Environmental Health Perspective, l’esposizione al triclosan delle madri prima della nascita dei figli sarebbe associata a peggiori performance cognitive in età scolare dei bambini.

Lo studio nasce dall’esigenza di capire se questo componente dei detergenti agisce come un interferente endocrino determinando una riduzione di ormoni tiroidei, fondamentali per lo sviluppo cerebrale, un’ipotesi supportata da un numero di evidenze in crescita. La preoccupazione deriva dalla presenza di questa sostanza nei detergenti, ma anche in giocattoli o tessuti, e dunque in generale nell’ambiente (o

I ricercatori hanno somministratocontrolli per la presenza di triclosan nelle urine sia alle madri durante la gravidanza, a intervalli regolari a partire dal secondo trimestre di gestazione, e poi successivamente ai figli, fino all’età di otto anni. In seguito, hanno proposto ai 198 bambini di 8 anni alcuni test di intelligenza, fra cui il Wechsler Intelligence Scale for Children-IV, che fornisce una misura delle capacità cognitive globali (FSIQ-score).

La concentrazione di questa sostanza nelle urine materne variava da 2.3 ng/mL (minimo rilevabile) ad oltre 2000 ng/mL. In base ai risultati, l’aumento della concentrazione di triclosan nelle urine delle gestanti corrispondeva ad abilità cognitive ridotte. Per ogni aumento di 10 volte, misurato al momento del parto, i ricercatori hanno individuato una riduzione di 4.5 punti del FSIQ-score dei bambini, rispetto a una media di 100 punti. Questa associazione è risultata significativa dopo aver eliminato altri fattori che avrebbero potuto influenzare le performance cognitive come l’esposizione al fumo, il ricovero in terapia intensiva dopo la nascita, l’istruzione materna o il livello di cure nel primo anno di vita. Alte concentrazioni di triclosan nelle fasi precedenti della gravidanza e nei bambini non risultavano invece influire sul FISQ-score.

Ulteriori studi saranno necessari per confermare ed approfondire l’ipotesi di questa associazione, data anche la presenza di un campione ristretto, ma se i ricercatori si sono preoccupati di indagarla è perché, negli ultimi anni, sempre maggiori evidenze si sono aggiunte a supporto della tesi che questo componente possa essere un interferente endocrino.

A causa della sua diffusione in vari ambienti e del suo potere antibatterico, il triclosan è stato sospettato di contribuire anche al problema dell’antibiotico resistenza. Su quest’ultimo tema, tuttavia, i pareri sono discordi: la Commissione Europea, che si è pronunciata su questo problema nel 2010 (e successiva delibera del 2014), ha concluso che una concentrazione dello 0,3% in dentifrici, saponi per le mani e per il corpo, deodoranti (non spray), ciprie e correttori e prodotti per la pulizia delle unghie è sicura. Più cauta la Food and Drug Administration statunitense che nel 2016 ha bandito l’uso del triclosan negli Usa (tranne che in un particolare dentifricio per il quale i benefici sulla salute gengivale sono stati ritenuti maggiori dei rischi), in attesa di ulteriori studi che ne valutino i potenziali rischi per la salute. Sulla base di questi sospetti, molte case produttrici di detergenti, dentifrici e cosmetici hanno comunque eliminato il triclosan dai loro prodotti anche in Europa.

Articolo prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

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