A lezione dallo sciamano

Ci sono popoli che non abbiamo ancora imparato a conoscere. Che da sempre tramandano a voce idee, preghiere, visioni del mondo. Come gli Yanomami, indios che vivono nella foresta amazzonica settentrionale, lungo il confine fra Brasile e Venezuela. Una loro delegazione è ora in Italia, dove fra Milano e Padova incontreranno il pubblico fino al 24 maggio prossimo, per parlare de “La scuola nella foresta”, un progetto bilingue autogestito nato nel 1995 per difendere le loro terre e la loro identità. Gli incontri sono organizzati da Survival International, organizzazione mondiale di sostegno ai popoli tribali. E sono un segno del crescente interesse registrato negli ultimi anni verso culture “diverse”, schiacciate e cancellate o nella migliore delle ipotesi profondamente modificate dall’incontro/scontro con la cultura occidentale. In molte di queste, lo sciamano rappresenta il legame principale con le tradizioni e la cultura originarie, e risulta quindi l’interlocutore migliore a cui rivolgersi. Per questo abbiamo intervistato Davi Yanomami Kopenawa, sciamano e leader del popolo Yanomami, vincitore del Premio Global 500 delle Nazioni Unite.

Kopenawa, quali sono gli obiettivi che cerca di raggiungere con questi incontri tra “i due mondi”?

”Noi sciamani Yanomami vogliamo che entrambi i mondi siano rispettati, conosciuti e protetti. Esistono, infatti, solo due mondi: il mondo degli sciamani e il mondo dei bianchi. Gli sciamani sapevano già tutto sul mondo, molti, molti anni fa, e già i nostri antenati lo conoscevano bene. In entrambi questi mondi c’è un padrone/signore: gli spiriti sciamanici. Gli spiriti delle montagne, gli spiriti delle colline, dello yãri (un forte vento stagionale), dello yãria (tuono), del yãpirawakë (fulmine), il ritiri (oscurità), il rueri (temporale), tutti questi spiriti sono impegnati a prendersi cura del mondo. I nostri sciamani stanno dicendo questo ai bianchi, che devono ascoltare di più. Ma è molto difficile per noi. Stiamo dicendo a voi bianchi tutto questo, affinché il mondo non precipiti nell’oscurità e non cada giù, affinché il mondo non venga inondato da troppa pioggia e non si riscaldi troppo. Se non ascolteranno, il nostro pianeta si riscalderà molto e diventerà secco. Non ci sarà più acqua e noi avremo le bocche secche. Abbiamo bisogno di molti sciamani forti e potenti per controllare il pianeta Terra. I bianchi devono sognare e guardare, capire e rispettare, gli spiriti, perché gli sciamani stanno proteggendo entrambi i mondi per tutti i popoli della Terra, perché possano vivere in pace, in salute, felicemente e con gli stomaci pieni”.

La “scuola nella foresta” vuole mettere per iscritto il sapere Yanomami nella lingua ancestrale. Incontra delle difficoltà all’interno della propria comunità per il recupero delle tradizioni?

”È difficile ma proverò a spiegare. Questa parola, ‘istruzione” non è una parola Yanomami. Stiamo sperimentando per vedere se funzionerà, perché senza una scuola tutta nostra saremo sempre dipendenti dai bianchi. Se riusciremo ad avere per sempre le nostre scuole, specifiche per gli Yanomami, allora impareremo a scrivere nella nostra lingua. Per prima cosa dobbiamo conoscere le lettere che escono dalla nostra bocca come ‘a’ per ara’a (ara macao, un pappagallo), ‘e’ per ehama ona (gallo delle rocce), ‘i’ per iroa (scimmia urlatrice), ‘o’ per omama (il creatore), ‘u’ per urihia (terra/foresta). Dobbiamo capire cosa significano queste lettere quando sono scritte sulla carta e questo è quello che stiamo cercando di far capire ai bianchi, perché la lingua Yanomami è fondamentale e molto ricca. È ricca della nostra storia e dei nostri sciamani. È per questo che studiamo la lingua materna, perché è diversa da ogni altra. Una volta che l’avremo imparata, scriveremo la storia, la storia del nostro popolo, in modo che il futuro della nostra lingua sia assicurato. Questo è il nostro sogno. Dobbiamo proteggere la nostra lingua, le nostre radici e la nostra saggezza, e quindi imparare a parlare la lingua portoghese per difendere la nostra terra, la nostra gente e la nostra salute”.

Il vostro progetto prevede la cooperazione con le équipes sanitarie occidentali per le malattie importate dall’esterno. La medicina tradizionale e quella occidentale si possono integrare?

”L’incontro tra i metodi curativi dei bianchi e quelli degli Yanomami ci dà forza per eliminare le malattie. I dottori bianchi visitano le persone, gli esaminano il sangue, gli misurano la temperatura e poi gli dicono quali medicine assumere. Noi sciamani Yanomami dobbiamo prendere yakoana per chiamare gli spiriti sciamanici che vivono in un altro luogo, perché curino le malattie della foresta. Gli spiriti discendono e vengono vicini agli sciamani. È molto importante che lo sciamano Yanomami e il dottore bianco lavorino insieme. Gli sciamani curano le malattie della foresta che conoscono e i dottori bianchi curano la tubercolosi, la malaria, la polmonite, i vermi, l’oncocercosi. Queste malattie i bianchi sanno come curarle, noi Yanomami invece no, perché non le conosciamo, ce le hanno trasmesse i bianchi, e solo i loro dottori sanno curarle con le medicine della farmacia”.

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