#ScienceBulletChallenge, la sfida per liberare la ricerca

Vi ricordate le secchiate d’acqua dell’Ice Bucket Challange? Bene, dopo la campagna per la raccolta fondi a favore della ricerca sullasclerosi laterale amiotrofica, è di nuovo tempo di sfide virali sul web. Stavolta lo scopo è quello di denunciare le condizioni precarie in cui versano i ricercatori pubblici italiani, attraverso la#ScienceBulletChallenge, iniziativa lanciata da tre scienziati (precari, neanche a dirlo) della Sapienza Università di Roma che non vogliono “cadere nella trappola dei cervelli in fuga”.

Che la ricerca italiana sia precaria è un dato di fatto. Un’indaginenel mondo del precariato universitario mostra infatti che negli ultimi dieci anni solo il 6,7 % dei ricercatori è stato assunto. Il resto è rimasto precario, sopravvivendo grazie a contratti a tempo determinato o assegni di ricerca. E a questi si aggiungono le borse di studio che costringono i ricercatori, come essi stessi scrivono, a vivere in una condizione di “Zero contributi. Zero Malattia. Zero Maternità. Zero diritti. Zero futuro”. Futuro da cui va tolta anche lafamiglia: il 73% del campione preso in considerazione dall’indagine Ricercarsi non ha figli, nonostante l’età media di 35 anni e nonostante il 57% del campione sia costituito da donne.

Per riportare l’attenzione sullo stato in cui versa la ricerca pubblica italiana, i tre ricercatori della Sapienza hanno lanciato quindi l’iniziativa #ScienceBulletChallenge, sull’onda di quanto accaduto già con la sla. Ma niente secchiate d’acqua: gli organizzatori invitano a girare e diffondere sui social (con il consolidato sistema delle nomination e l’hashtag #ScienceBulletChallenge) video in cui si lanciano o si fanno lanciare bullet (proiettili di qualsiasi genere), per ricordare i colpiche negli ultimi anni si sono abbattuti sulla ricerca italiana, e che stanno portando alla scomparsa dei ricercatori (almeno dal suolo italiano).

Via: Wired.it

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