Scienziato? No, artista

    Radici intagliate, vecchie viti, persino tombini assemblati in un insieme organico, colonnine di titanio dai colori più disparati, tele dipinte su cui vengono proiettate diapositive. E’ questo quello che ci appare entrando nello spazio allestito al Museo della Facoltà di Chimica de “La Sapienza”, dove il direttore Errico Zeuli ci accompagna illustrando le opere di quattro scienziati-artisti che mettono a disposizione della creatività ciò le loro competenze tecnico-scientifiche.

    E’ soprattutto il caso di Pietro Pedeferri, ingegnere chimico lombardo che ha dedicato gran parte della sua ricerca al titanio. L’indubbio interesse estetico delle sue opere è fornito da particolari accostamenti cromatici e forme che ricordano da vicino l’arte della Secessione viennese. I colori scaturiscono dall’interferenza ottica originata da sottili pellicole che rifrangono e riflettono la luce. Tali pellicole sono create grazie a un trattamento di ossidazione anodica del supporto costituito da lamine di titanio. L’effetto risultante riporta ai «colori iridescenti delle bolle di sapone o delle macchie di olio sull’acqua o sull’asfalto bagnato».

    Bellissime dal punto di vista plastico e tattile le sculture di Tommaso Ferri, umbro, professore di chimica elettroanalitica, impegnato nella ricerca finalizzata a problematiche ambientali e al contempo artista affascinato dall’arte dell’intaglio. La volontà di liberare la figurazione dalla materia, concetto classico sin dal celeberrimo “via di levare” michelangiolesco, viene affrontato anche attraverso l’automatismo psichico e i meccanismi analogici cari a Max Ernst e a tutto il movimento surrealista. Il legno d’ulivo, così trattato, assume forme liriche, quasi sognanti: oggetti in cui si nascondono corpi di uomini, di animali, spesso assimilabili ad organi umani, dall’inquietante sapore cronenberghiano.

    Paolo Camiz, invece, fisico romano e musicista, punta soprattutto all’utilizzo di materiale riciclato, per lo più ferro, cui viene data nuova vitalità in assemblaggi di intenso valore formale. Tra i pezzi esposti un tombino e altri frammenti metallici dipinti dall’eloquente titolo Ground Zero (2001).L’ultimo artista è il geologo romano Maurizio Diana, sin dagli anni Sessanta a contatto con la tendenza neo-figurativa espressionista, influenzato dalla Scuola Romana, a Parigi nei fermenti rivoluzionari del 1968 dove entra nel gruppo di avanguardia CAP (Comité d’Action Plasticien). Tornato a Roma idea una nuova tecnica che lega la pittura alla diaproiezione: una tela dipinta su cui due diapositive in bianco e nero si alternano generando un quadro dinamico nel tempo e nello spazio. Peccato poterne vedere un solo esempio, anche se il direttore del Museo apre uno spiraglio: forse dopo il 10 marzo si riuscirà a spostare l’esposizione nell’atrio dell’Aula Magna dell’Ateneo romano, laddove lo spazio aumenterebbe permettendo l’inserimento di altre opere in un allestimento che ne risulterebbe inevitabilmente agevolato.

    MUTAZIONI CREATIVE

    Gli scienziati si rivelano artisti

    Fino al 10 marzo 2004

    Roma – Università “La Sapienza” – Museo di Chimica

    Orari: tutti i gironi 9.30-13.30 domenica chiuso

    Ingresso gratuito

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