Sclerosi multipla e microbiota alterato, uno studio lo collega al consumo di carne

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(Foto: Jason Leung on Unsplash)

Nelle persone con sclerosi multipla il consumo di carne appare più elevato, ridotta la presenza di alcuni batteri del microbiota intestinale e più elevati i livelli di alcune cellule del sistema immunitario. E’ questo uno dei principali risultati che emerge da uno studio appena pubblicato su EBioMedicine, che con un approccio che i loro stessi autori definiscono “olistico” ha cercato di fotografare le differenze tra pazienti e soggetti sani. Per capire cosa rende diversi gli uni dagli altri, ipotizzare relazioni causali e auguratamente aprire le porte a nuove strategie di trattamento.

Da tempo si parla del ruolo del microbiota intestinale, e della dieta, nella sclerosi multipla, per via delle possibili influenze che la moltitudine di microrganismi che ci portiamo appresso avrebbe sul funzionamento del sistema immunitario, alterato nella malattia. Stavolta però il team guidato da Yanjiao Zhou della UConn Health School of Medicine e Laura Piccio della Washington University non si è limitato ad analizzare il microbiota di pazienti ma di ha cercato eventuali collegamenti con le alcune abitudini alimentari e alcuni marcatori nel sangue.

Mettendo insieme i dati raccolti con questo approccio olistico, i ricercatori hanno osservato che nei pazienti con sclerosi multipla sono presenti in quantità ridotte alcuni batteri, come Faecalibacterium, Prevotella, Lachnospiraceae, Anaerostipes, e in patticolare Bacteroides thetaiotaomicron. Non solo: la riduzione di quest’ultima specie batterica corrisponde a un maggior consumo di carne e a un aumento di alcuni linfociti T. Più in generale, lo studio rileva alterazioni nelle vie metaboliche associate al consumo di carne e un più alto livello di sostanze proinfiammatorie nei pazienti con sclerosi multipla, in cui si osservavano correlazioni anche tra microbiota e grado di disabilità.

Al di là dei limiti dello studio – il campione analizzato è piccolo: 49 tra pazienti (soprattutto femmine) e controlli, e i dati sulla dieta erano autoriferiti – quanto osservato suggerisce l’esistenza di alterazioni multisistemiche che potrebbero essere alla base della malattia, come atteso. Identificarle potrebbe portare allo sviluppo di strategie di prevenzione o nuove terapie, sottolinea Picco.

Riferimenti: EBioMedicine

Credits immagine: Jason Leung on Unsplash