Scuola Fermi a rischio

C’è aria di rivolta nella ricerca pubblica italiana. Gli scienziati stanno passando dalla quiete ovattata dei laboratori e delle aule universitarie alle sottigliezze e all’esposizione della politica e dei mezzi di comunicazione. Quelli dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia di Genova, per esempio, hanno occupato simbolicamente le strutture dell’ente, esponendo striscioni di protesta contro il previsto accorpamento del loro istituto con il Cnr. E si raccolgono firme per sospendere ogni attività di ricerca per un anno, una “serrata della scienza” che non avrebbe precedenti. Domani, venerdì 31, mentre il governo discuterà della riforma Moratti degli enti pubblici di ricerca, gli scienziati saranno ancora riuniti nell’aula magna del Cnr, divenuta ormai una nuova Sala della Pallacorda. Ma sono anche altre storie, apparentemente minori, che danno il polso della situazione disastrosa in cui si trova la ricerca italiana. Come quella della Scuola di fisica Enrico Fermi a Varenna, in provincia di Lecco. Un’istituzione prestigiosa, nata 50 anni fa, nel luogo dove il fisico italiano tenne l’ultima lezione della sua vita, nell’estate del 1954. Una scuola che ogni estate organizza cicli di lezioni per un centinaio di partecipanti e una ventina di professori da tutto il mondo. Incontri che hanno visto protagonisti premi, oltre al grande fisico italiano, altri premi Nobel, come Subrahmanyan Chandrasekhar, Joseph H. Taylor e Riccardo Giacconi. E che hanno portato alla pubblicazione di circa 130 volumi considerati un modello per l’alto contenuto scientifico e la presentazione editoriale. Ma ora questo autorevole esempio di ricerca italiana rischia di chiudere per mancanza di fondi. Galileo ha intervistato Franco Bassani, già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa e oggi presidente della Società Italiana di Fisica, direttore della Scuola Enrico Fermi di Varenna.Professor Bassani, che succede alla Scuola Enrico Fermi?”Proprio quest’anno, quando celebreremo il cinquantenario, rischiamo di dover chiudere le attività. Mancano 40mila euro per il 2003. In passato il Consiglio nazionale delle ricerche garantiva questi fondi, ma a dicembre ci hanno comunicato che la voce di bilancio relativa al finanziamento delle scuole è stata soppressa. L’Unione Europea aveva già approvato il cofinanziamento della scuola, ma una parte della cifra necessaria deve essere messa a disposizione dall’istituto stesso. Ma lo stato finanziario del Cnr non consente più questi investimenti”.Eppure la scuola di Varenna dovrebbe essere un vanto nazionale. In passato è stata diretta anche dal premio Nobel Roberto Giacconi…”Si, certo. Ho sentito dire che Giacconi è italiano solo di nascita. Sono storie. Giacconi i suoi lavori li ha fatti in Italia. È stato allievo diretto di Giuseppe Occhialini e Bruno Rossi. È andato negli Usa negli anni Settanta, quando la sua preparazione scientifica e professionale era già formata”.Qualcuno afferma però che siamo anche di fronte a un cambiamento culturale nella visione della scienza e della ricerca scientifica, che sono viste ormai come strumenti più che come obiettivi in sé. Lei è d’accordo?”La scarsa considerazione dei problemi della cultura e della ricerca scientifica a cui si assiste oggi è impressionante. Non ho mai visto una cosa simile in passato, neanche quando eravamo poverissimi. Oggi siamo abbastanza ricchi eppure non abbiamo il coraggio, l’entusiasmo e la fiducia per guardare al futuro. La ricerca, l’educazione e la scuola sono investimenti fondamentali, ma ho l’impressione che non ci sia più sensibilità verso queste cose. Capisco che la congiuntura economica sia stagnante, ma è proprio in momenti come questo che bisogna essere lungimiranti”.Il governo ha proposto una riforma complessiva del sistema degli enti pubblici di ricerca. Lei che ne pensa?”Se non ci sono soldi è inutile trastullarsi nelle riforme o ritoccare qua e là. Ogni cambiamento ha un costo e la realtà è che i fondi per la ricerca diminuiscono. Le riforme, nell’immediato, non fanno aumentare i mezzi finanziari ma li fanno diminuire. La razionalizzazione del Cnr, per esempio, è già stata fatta pochi anni fa e oggi gli istituti del Consiglio sono di primissima qualità, se guardiamo la produzione scientifica. La fisica italiana è ben considerata in tutto il mondo”.Secondo la proposta di riforma, l’Istituto nazionale di fisica della materia (Infm) confluirà nel Consiglio nazionale delle ricerche. Le sembra una scelta appropriata?”Ho scritto recentemente al ministro Moratti proprio su questa questione. L’Infm è stato creato solo nove anni fa per coordinare le ricerche in un campo della fisica molto interessante. In Italia l’unica azienda competitiva con il resto del mondo è la ST Microelectronics, la terza società mondiale nel campo dei semiconduttori. Tutta la ricerca in questo settore cruciale è stata coordinata molto bene dall’Infm, e potenziata con mezzi relativamente modesti. Se si analizza il loro lavoro, si dovrebbe dare un premio a queste persone, invece accade esattamente il contrario: l’ente viene cancellato e inglobato nel Cnr, che a sua volta si trova in una crisi finanziaria gravissima. È difficile capire il senso di una tale decisione”.

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