Categorie: Società

Se vince la legge dello scoop

Ascesa e caduta di uno scienziato: così si potrebbe definire la vicenda di Hendrik Schon. Poco più di un anno fa il giovane fisico tedesco e la sua équipe salirono agli onori della cronaca per aver creato un transistor organico delle dimensioni di una molecola, ponendo le basi per una nuova era di calcolatori elettronici. Nei giorni scorsi i quotidiani ne hanno annunciato il licenziamento dai Bell Laboratories con l’accusa di aver fornito in più occasioni falsi dati sperimentali. “Non si dovrebbe mai dimenticare che la scienza è fatta da esseri umani, e gli esseri umani hanno anche debolezze. E’ un elemento che la comunità scientifica non ha ancora considerato a sufficienza”. Così ha concluso la sua relazione sul caso Schon, Malcolm Beasley, il coordinatore della commissione d’inchiesta nominata dagli stessi laboratori che lo stipendiavano. Per far fronte a questo genere di debolezze, nel 1989 fu fondato negli Stati Uniti l’Office of Research Integrity (Ori) alle dipendenze del Dipartimento della Salute. L’Ori si occupa dell’accertamento di comportamenti scorretti degli scienziati in ambito biomedico, dove a causa della forte competitività si registra il maggior numero di frodi in assoluto: solo nel 2001 questo ufficio ha rilevato 127 casi, tra produzione di dati falsi e distorsione di quelli veri. Ma come è stato possibile che le ricerche di Schon siano state pubblicate dalle riviste scientifiche più prestigiose? La prassi consolidata per giudicare affidabile uno studio è quella del cosiddetto peer review (letteralmente la revisione dei colleghi), nel quale si stabilisce se una ricerca è formalmente corretta, se i dati sono affidabili e se non sia identica a studi preesistenti. Nelle riviste più autorevoli la revisione è affidata a scienziati di fama esperti nella disciplina in questione, ed è rigorosamente anonima. Ma con la sempre maggiore specializzazione delle discipline e l’aumento della mole dei dati sperimentali spesso questo strumento finisce per essere insufficiente: “Il controllo dei referee (arbitri, N.d.R.) è soprattutto di carattere formale”, dice Marco Fabbrichesi, fisico teorico della Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. “Spesso i dati di una ricerca sono stati ottenuti in laboratori all’avanguardia con processi molto costosi ed è impossibile per chi effettua il controllo editoriale verificare tutti i risultati. Si spera sempre nella buona fede”. In realtà, nonostante tutte le critiche, il sistema del peer review è considerato ancora la soluzione migliore, sebbene non manchino i tentativi di alcuni movimenti di proporre forme alternative di verifica: per esempio l’open commentary, dove il controllo di una ricerca avviene su archivi digitali in cui tutti possono pubblicamente smentire i contenuti proposti. “In ogni caso la revisione è solo la prima fascia di sicurezza”, prosegue Fabbrichesi. “Se una ricerca scorretta passa indenne al suo controllo, in breve tempo avrà addosso gli occhi di tutta la comunità scientifica. Il sistema va giudicato nel suo complesso. Basti pensare al caso della fusione fredda di Fleischmann e Pons: nel giro di qualche mese tutti avevano chiaro come si trattasse di una bolla di sapone”. Secondo Carlo Alberto Redi, membro della commissione Dulbecco per lo studio delle cellule staminali e professore di Zoologia all’Università di Pavia, la presenza di ricerche truffaldine è però un fenomeno destinato ad aumentare: “Il motivo che spinge uno scienziato a produrre dati falsi è quello di accedere ai fondi. Un ricercatore, soprattutto se giovane, riceve pressioni molto forti per dimostrare il suo valore attraverso le pubblicazioni. Finché la carriera di uno scienziato sarà legata all’ottenimento di finanziamenti privati, sarà sempre più probabile imbattersi in fenomeni di questo tipo”. A sostegno di questa tesi, Redi sottolinea come i casi di truffa siano molto maggiori nei Paesi del Nord America, dove gran parte della ricerca scientifica è svolta da istituti privati, e nelle aree della biomedicina e della fisica applicata, particolarmente legate agli sviluppi industriali dei brevetti. “Quando vengono a mancare i finanziamenti dello Stato alla ricerca, la logica del publish or perish, cioè del pubblica o muori, diventa dominante e un ricercatore può essere stimolato a commettere azioni poco professionali. Le grandi riviste non sono certo d’esempio: la ricerca continua dello scoop e degli studi più di moda da pubblicare spinge infatti i comitati editoriali a essere sempre meno severi nell’esecuzione del peer review”.

Admin

Articoli recenti

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

19 ore fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

4 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

6 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

7 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

1 settimana fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più