Sen, un Nobel per lo sviluppo

    Un Nobel per l’economia che guarda ai paesi più poveri del pianeta. E’ quello che la Reale Accademia delle Scienze di Svezia ha conferito lo scorso 14 ottobre al filosofo ed economista indiano Amartya Sen per gli importanti contributi forniti sui temi dell’economia del benessere negli ultimi venticinque anni. Sen, attualmente professore al Trinity College di Cambridge, ha avuto esperienze di insegnamento e ricerca negli atenei di Calcutta e Delhi, nella London School of Economics e nell’Università di Oxford.

    Nato nel 1933 a Santiniketan nel Bengala, Amartya Sen ha dedicato oltre quarant’anni allo studio della Teoria della scelta sociale, delle cause della povertà e delle carestie, e dei fattori che portano alla cattiva distribuzione del benessere, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. “Sono contento che il Nobel sia andato ad un’economista dello sviluppo, e Sen non poteva rappresentare meglio la categoria”, commenta Mauro Mellano, professore di Agricoltura e sviluppo economico all’Università La Sapienza di Roma ed esperto di welfare. “I premi degli ultimi quindici anni rimanevano nel solco della tradizione keynesiana; il Nobel a Sen, in tempi di globalizzazione (e crisi globali), apre invece la strada alla considerazione dell’economia mondiale in un’ottica di sviluppo sostenibile di lungo periodo”.

    Molte delle intuizioni e delle tesi formulate dall’economista indiano derivano dall’unione di regole economiche e principi etici, con un approccio caratteristico e costante. Sen ha collegato agli indici tradizionali del benessere (come per esempio il reddito) parametri come salute, nutrizione, longevità e istruzione, capaci di superare quella visione del welfare calcolato unicamente in relazione al livello di reddito, e tipica del modello tradizionale. Se si considerano due individui di paesi diversi con uguale reddito, e si confrontano i loro status (per esempio il numero di familiari a carico), le loro scelte di consumo e il livello di servizi offerti dallo Stato (sanità, sicurezza, istruzione, eccetera), risulta evidente come quei due individui non si trovino affatto allo stesso livello di benessere. E’ a questo punto che entrano in gioco le teorie di Sen, il quale, considerando l’economia del welfare da una prospettiva nuova, e agli inizi ritenuta provocatoria, ha ricavato indicatori del benessere più affidabili e realistici di quelli comunemente usati.

    Le ricerche di Sen hanno poi toccato altri importanti campi legati al benessere: dalla critica dei sistemi di votazione a maggioranza, incapaci di fornire un risultato che rispecchi davvero le aspettative della maggior parte della popolazione, fino a un’indagine più puntuale sulle cause delle carestie. Veri flagelli che dipendono, per Sen, dalle opportunità economiche e sociali offerte dallo Stato ai cittadini.

    “Questo Nobel è sicuramente una novità”, conclude Mellano. “Non so se resterà un fulmine a ciel sereno, ma credo che abbia un forte potenziale per il progresso degli studi sul welfare. Sicuramente rompe un muro di silenzio che da troppo tempo isolava noi studiosi di sviluppo”.

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