Sorvegliati speciali

Nel 2007 sono andati in fumo circa 116 mila ettari dei nostri boschi. Il danno economico ammonterebbe a un totale di oltre 640 milioni di euro. Senza considerare quello in termini di patrimonio naturalistico. Per segnalare quali sono le zone più a rischio in cui applicare speciali misure di prevenzione, il Wwf ha appena pubblicato il dossier “Incendiometro 2008”.

Vi sono elencate 17 zone del centro e del sud Italia, preziose da un punto di vista naturalistico. Tra queste troviamo l’Appennino tosco-emiliano, la Maremma tosco-laziale, i Monti del Matese e quelli Lepini-Ausonici-Aurunci, le zone boschive di Campania, Calabria e Basilicata (Cilento, Val d’Agri, Pollino), le Murge e le valli fluviali lucane, il Marchesato di Crotone, la Sicilia (Monti Peloritani-Stretto di Messina, Monti Iblei-tavolati di Ragusa, Madonie, Monti Sicani-Rocca Busambra-colline di Carini, Capo S.Vito-Lo Zingaro-Monte Inici) e la Sardegna (Sulcis-Iglesiente, Sarrabus-Gerrei, Gennargentu-Supramonte-Orosei, Monte Limbara, Costa da S.Teodoro a Portobello di Gallura-Bocche di Bonifacio).

In questi luoghi vivono anche specie animali particolarmente vulnerabili nel periodo estivo, che spesso coincide con la fase riproduttiva. Abitano queste zone, infatti, la rana di Lataste, la testuggine di Hermann, il nibbio reale, il cervo sardo e il capriolo italiano. La distruzione di un ettaro di pineta può causare la morte di 300 uccelli, 400 piccoli mammiferi e 5 milioni di insetti (per non parlare del pericolo che gli incendi rappresentano per luoghi abitati e persone). A spaventare non è solo la perdita in biodiversità. Le foreste, infatti, contribuiscono a riequilibrare i gas in atmosfera, a proteggere da inondazioni, frane e dissesto geologico, e a regolare l’approvvigionamento idrico. Un ettaro di foresta che va in fumo, indica il dossier, corrisponderebbe a una perdita economica di circa 5.500 euro, e per “ripristinare” una bosco di latifoglie, come faggete e querceti, sono necessari 100 anni.

Nonostante il rischio di incendi sia fortemente legato alle caratteristiche del clima e del suolo, la causa principale resta il dolo: gli incendi provocati intenzionalmente sono passati dal 60 per cento del 2006 al 65 per cento del 2007 (la dolosità è stata confermata per un totale di 7mila casi). Come sottolinea Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia, vi è un’attenzione ancora troppo scarsa e poco organica da parte di regioni ed enti locali al problema e la prevenzione resta la migliore strategia. Buoni esempi sono quelli della provincia di Macerata e del Parco del Pollino. (a.g.)

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