Spazio

Spazio, quell’ingrediente mancante per capire la materia oscura

Quando pensiamo di essere leggermente più vicini alla soluzione dell’enigma della materia oscura, ecco che nuove osservazioni rimescolano le carte e rimettono in discussione quel poco che credevamo di sapere. I risultati di una nuova ricerca, coordinata dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Bologna e appena pubblicata su Science, suggeriscono infatti che nei modelli teorici su cui finora gli scienziati hanno lavorato qualcosa non torni: le lenti gravitazionali all’interno degli ammassi di galassie sono molto più efficienti di quanto previsto. Un indizio che forse c’è una lacuna nella nostra comprensione della materia oscura, delle sue proprietà e della sua distribuzione.

Il mistero della materia oscura

La materia oscura costituisce la maggior parte della materia dell’Universo (80% circa) ma di lei non sappiamo quasi nulla. Non riusciamo a vederla (non emette luce), non ne conosciamo la natura (non assorbe luce e non interagisce con particelle note), ma sappiamo che c’è grazie a prove indirette: la sua massa, infatti, deforma il tessuto dello spazio-tempo.

Una delle conseguenze è il cosiddetto fenomeno del lensing gravitazionale: la luce che attraversa uno spazio-tempo curvo segue traiettorie curve, distorcendo per esempio la forma della sorgente luminosa o generando immagini multiple. Gli ammassi di galassie, per la loro elevata concentrazione di materia oscura e non, sono delle lenti gravitazionali forti e sono dei laboratori ideali per queste osservazioni.

Studiando questi effetti, negli anni i ricercatori hanno messo a punto delle mappe della materia oscura.

Ma oggi tutto potrebbe essere rimesso in discussione.

Materia oscura: quando la pratica contraddice la teoria

Un team di astrofisici, coordinati da Massimo Meneghetti dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Bologna, ha analizzato le osservazioni di 11 ammassi di galassie (che sono le strutture più massicce dell’Universo) raccolte dal telescopio Hubble e dal Very Large Telescope (Vlt), misurando in dettaglio i fenomeni di lensing gravitazionale. Hanno così fatto una scoperta senza precedenti: all’interno delle lenti gravitazionali costituite dagli ammassi di galassie ci sono lenti gravitazionali più piccole (le galassie) la cui efficienza è anche 10 volte superiore rispetto a quanto previsto dai modelli teorici oggi ritenuti validi.

Tra osservazioni sperimentali e modelli teorici, insomma, c’è una notevole discrepanza, forse dovuta a una lacuna nella nostra comprensione della materia oscura.

Credits: P. Natarajan (Yale University), G. Caminha (University of Groningen), M. Meneghetti (INAF—Observatory of Astrophysics and Space Science of Bologna), and the CLASH-VLT/Zooming teams / Nasa, Esa

La distribuzione della materia oscura

Qualcosa ci sfugge, dunque. L’ipotesi dei ricercatori è che la materia oscura su piccola scala (quindi quella all’interno delle galassie, che si distribuisce in aloni che delimitano le regioni in cui si trova la materia luminosa) sia distribuita diversamente da quanto finora creduto: nel cuore delle galassie potrebbe esserci una regione molto compatta, dove si raggiungono densità di massa che permettono a questi oggetti di superare un valore critico e di diventare delle lenti gravitazionali forti.

Fonte: Science

Immagine: Nasa, Esa

Mara Magistroni

Nata e cresciuta nella “terra di mezzo” tra la grande Milano e il Parco del Ticino, si definisce un’entusiasta ex-biologa alla ricerca della sua vera natura. Dopo il master in comunicazione della scienza presso la Sissa di Trieste, ha collaborato con Fondazione Telethon. Dal 2016 lavora come freelance.

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