Staminali per il Parkinsonismo grave

È italiana la prima sperimentazione con cellule staminali per una malattia della famiglia del Parkinson, la Paralisi sopranucleare progressiva (Psp). È uno studio pionieristico, fortemente voluto da Gianni Pezzoli, direttore del Centro Parkinson di Milano, presidente dell’Associazione italiana parkinsoniani (Aip) e della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson: una ricerca che, dopo un iter durato oltre quattro anni, ha finalmente ricevuto il via libera dall’Istituto superiore di sanità. Se ne è parlato oggi a Milano, proprio in occasione della Giornata mondiale della malattia di Parkinson.

Le cellule staminali sono da tempo viste come una grande promessa della neurologia, ma le premesse sono ancora tutte da dimostrare. Vi sono studi in corso per una possibile futura applicazione in diverse patologie degenerative, per la sclerosi multipla, le ischemie cerebrali o i traumi spinali, ma in tutto il mondo, ad oggi, sono ancora poche le sperimentazioni su pazienti, di solito condotte in paesi – come il Perù – in cui non vige una ferrea regolamentazione degli studi clinici.

Insomma, sono ancora molti i punti interrogativi sull’uso clinico delle staminali, come le risoluzioni prese oggi stesso dal Senato sul caso eclatante della Stamina Foundation ci ricordano (leggi Galileo “Stamina, il Senato dice sì al decreto Balduzzi”). Ma se si seguono dei protocolli validati, si può cominciare a cercare qualche risposta.

Anche ottenere l’approvazione del protocollo sperimentale per la Psp non è stato semplice. Questi i motivi che hanno fatto pendere l’ago della bilancia per il sì: si tratta di una malattia molto grave e rara, che porta alla morte in meno di dieci anni dalla comparsa dei primi sintomi e per la quale non esistono terapie farmacologiche. Nella fase avanzata, infatti, chi è colpito dalla Psp non è in grado di mantenere la postura eretta, nè di muovere gli occhi volontariamente, a causa di una paralisi di alcune vie nervose. E anche negli stadi precoci si verificano cadute spesso rovinose.

Il protocollo dello studio prevede il prelievo delle cellule staminali dal midollo osseo (mesenchimali); queste cellule verranno inviate alla Cell Factory di Milano, dove saranno selezionate e coltivate in vitro (un processo che dura circa un mese); poi saranno iniettate con una sonda attraverso le arterie che portano al cervello e rilasciate al livello della carotide, nello stesso paziente a cui erano state prelevate (trasferimento autologo). Gli studi condotti finora su modelli animali e in vitro mostrano che, almeno in linea di principio, queste cellule possono superare la barriera emato-encefalica, fermarsi al livello delle lesioni e rilasciare proteine (in gergo fattori neotrofici) in grado di arrestare – più che riparare – il danno neurologico. Questa è, infatti, la speranza dei ricercatori: di fermare o rallentare il processo neurodegenerativo e stabilizzare la malattia. “Dobbiamo cominciare ad imparare – ha detto Pezzoli – per ora abbiamo solo aperto una porta”.

La sperimentazione avverrà in due fasi, come spiega Margherita Canesi, neurologa del Centro Parkinson – Istituti clinici di perfezionamento di Milano e coordinatrice della ricerca. La prima mira a verificare la sicurezza della terapia su cinque pazienti (due hanno già cominciato il trattamento); la seconda, invece, cercherà di valutare su venti pazienti se la terapia possa modificare il corso della malattia o meno. Dieci dei partecipanti riceveranno le cellule staminali e altri dieci un placebo. Dopo sei mesi di valutazioni, il trattamento sarà ripetuto, invertendo i gruppi. Si tratterà di uno studio in doppio cieco, in cui, cioè, né i pazienti né i medici sapranno chi ha ricevuto le cellule staminali e chi il placebo.

I tempi per avere in mano dei dati potrebbero quindi essere brevi, e se i risultati dovessero essere positivi, si potrebbe forse passare a uno studio sul Parkinson, molto più comune della Psp. “L’obiettivo è anche quello di frenare un certo turismo sanitario che coinvolge pazienti affetti da parkinsonismi e che si recano all’estero per sottoporsi a infusioni con cellule staminali di dubbia provenienza. Tali procedimenti si rivelano nella maggior parte dei casi non efficaci ed espongono i pazienti a rischi importanti, come infezioni ed encefalopatie, perché non sono soddisfatti i minimi standard sanitari di sicurezza”, ha detto Pezzoli.

Un ostacolo sono i fondi: il costo della sperimentazione per ogni paziente è di circa 30mila euro e, al momento, la Fondazione Grigioni riesce a sostenere solo la prima fase della ricerca.

Credits immagine: UGA College of Ag/Flickr

1 commento

  1. NON FERMIAMOCI BASTA CON LA SPECULAZIONE DELLA POLITICA ASSOLDATA ALLE LOBBIE FARMACEUTICHE BATTIAMOCI PER FAR AUTORIZZARE LA CURA DE METODO STAMINA SENZA PIU DOVER RICORRERE ALLA MAGISTRATURA.CURA LIBERA PER TUTTI.*******IL NOBEL Yamanaka assoldato alle lobbie farmaceutiche TENTA come hanno fatto per il passato con la cura Di Bella oggi dopo anni ammessa,di fermare la sperimentazione e la cura ,credo solo per una questione di brevetto,vogliono papparci sopra. NOI NON CI FERMEREMO .

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