Fisica e Matematica

Stiamo per scoprire la quinta forza della natura?

Elettromagnetica, gravitazionale, nucleare forte e nucleare debole. Sono le quattro forze fondamentali della natura di cui si legge in tutti i testi di fisica. Forse, però, è arrivato il momento di un addendum. Gli scienziati dello Institute for Nuclear Research alla Hungarian Academy of Sciences, coordinati da Attila Krasznahorkay, hanno infatti rilevato, nel corso di un esperimento condotto lo scorso anno in Ungheria, un’anomalia nel decadimento radioattivo di un isotopo del berillio (il berillio 8, per la precisione, altamente instabile) che potrebbe essere la manifestazione di una quinta forza fondamentale della natura.

I risultati dell’esperimento, come raccontato sul blog di Nature, erano stati originariamente caricati sul server di pre-print ArXiv, e poi, a gennaio 2016, pubblicati su Physical Review Letters: nell’articolo, gli autori della ricerca postulavano, tra le altre cose, l’esistenza di una nuova particella leggera – appena 34 volte più pesante dell’elettrone –, ma il lavoro era rimasto stranamente inosservato.

Almeno fino al 25 aprile scorso, quando un’équipe di fisici teorici statunitensi ha pubblicato, sempre su ArXiv, un’analisi del lavoro ungherese, mostrando che i dati non sono in conflitto con quelli emersi dagli esperimenti precedenti, e concludendo che potrebbero essere, per l’appunto, la manifestazione di una quinta forza fondamentale: “Praticamente”, ha commentato Jonathan Feng, della University of California, Irvine, “abbiamo portato alla luce un lavoro che era rimasto nell’oscurità”.

Già da tempo, in realtà, i fisici si stanno interrogando sulla possibilità che esistano altre forze oltre alle quattro già note. Tali forze potrebbero servire, per esempio, a colmare le lacune del modello standard delle particelle elementari, che descrive efficacemente le interazioni tra le particelle attualmente conosciute ma non dice niente sulla materia oscura, la sostanza invisibile che si ritiene componga l’80% dell’Universo conosciuto. Una possibile spiegazione coinvolge l’esistenza di altre particelle e altri vettori di forze, tra cui i cosiddetti fotoni oscuri, ipotetici controparti dei fotoni tradizionali, mediatori della forza elettromagnetica.

È proprio su queste bizzarre entità che si è concentrata l’équipe di Krasznahorkay. Gli scienziati hanno fatto collidere fasci di protoni su un bersaglio di litio 7, creando nuclei di berillio instabile, che sono decaduti emettendo coppie di elettroni e positroni. “Secondo il modello standard”, spiega ancora Nature, “i fisici avrebbero dovuto osservare che il numero di coppie elettroni-positroni diminuisce all’aumentare dell’angolo che separa le loro traiettorie”. In corrispondenza di un angolo di 140°, invece, gli scienziati hanno osservato un salto nel numero di emissioni di elettroni e positroni, che poi torna a scendere per angoli più alti.

Secondo Krasznahorkay, il salto è la prova del fatto che una piccola frazione dei nuclei di berillio usa la propria energia in eccesso per formare una nuova particella (dal peso di circa 17 MegaelettronVolt), che poi, a sua volta, decade in una coppia elettrone-positrone: “Siamo certi dei nostri dati”, ha detto Krasznahorkay. “Il nostro team ha ripetuto l’esperimento diverse volte negli ultimi tre anni per minimizzare le possibilità di errore. La probabilità di osservare un falso positivo è di una su duecento miliardi”. Sebbene secondo l’équipe ungherese l’anomalia sia dovuta a un protone oscuro, Feng e colleghi la pensano diversamente: la particella potrebbe essere un “bosone X protofobico”. Ovvero, in sostanza, una particella mediatrice di una forza a corto raggio che interagisce con elettroni e neutroni. L’esperimento DarkLight, che sta per partire al Jefferson Laboratory, dovrebbe aiutare a chiarire l’arcano: è stato progettato, infatti, per cercare particelle di energia compresa tra 10 e 100 MegaelettronVolt. Proprio nel range dell’ipotetico protone oscuro o bosone X che dir si voglia. Staremo a vedere.

Via: Wired.it

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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