Stimolare il cervello per migliorare in matematica

A saperlo prima, magari, avremmo evitato di passare tanto tempo chini sulla tavola pitagorica a memorizzare le tabelline. Un paio di elettrodi applicati sul cranio e sarebbe stato tutto più facile. Almeno stando a quanto sostengono sulla rivista Current Biology il neuroscienziato Cohen Kadosh e colleghi, della University of Oxford. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che un tipo di stimolazione cerebrale veloce ed economica è in grado di migliorare notevolmente le abilità matematiche di chi si sottopone al trattamento.

“Con soli cinque giorni di allenamento cognitivo e di stimolazione cerebrale non invasiva e indolore”, racconta Kodesh, “siamo stati in grado di apportare miglioramenti nelle funzioni cognitive collegate alla capacità di far di conto”. I miglioramenti sono risultati durare oltre sei mesi dopo l’allenamento. Sebbene nessuno sappia esattamente come funzioni questo metodo di stimolazione, detto stimolazione transcraniale random noise (Trns), l’evidenza sperimentale mostra che il metodo permette al cervello di “lavorare” più efficientemente perché i neuroni si attivano in modo più sincrono.

Kadosh e la sua équipe avevano già dimostrato che un’altra forma di stimolazione cerebrale rende le persone più capaci di imparare ed elaborare nuovi simboli e numeri. Ma lo scienziato racconta che la Trms fa di meglio: migliora la cosiddetta aritmetica mentale, la capacità di eseguire a mente addizioni, sottrazioni e moltiplicazioni. Che è ben più rispetto all’apprendimento di nuovi numeri. In definitiva, secondo Kadosh, con una migliore integrazione tra neuroscienza ed educazione, questa linea di ricerca potrebbe aiutare significativamente gli esseri umani a raggiungere il proprio potenziale cognitivo nella matematica. E ad aiutare chi soffre di malattie neurodegenerative, ictus o difficoltà nell’apprendimento.

“L’aritmetica mentale è una facoltà cognitiva molto complessa”, conclude il ricercatore, “che si basa su una miriade di attività diverse. Se siamo in grado di migliorare le nostre capacità matematiche, dunque, c’è anche una buona probabilità che saremo in grado di fare lo stesso per funzioni cognitive più semplici”.

Riferimenti: Current Biology doi:10.1016/j.cub.2013.04.045

Credits immagine: solofotones/Flickr

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