Studiare un cristallo per capire il Big Bang

A volte anche nei difetti si possono trovare dei pregi. Infatti, proprio studiando al computer i cosiddetti difetti topologici dei cristalli liquidi (punti o linee nello spazio dove non è possibile definire un parametro d’ordine) i fisici hanno individuato un nuovo strumento di supporto per aggiungere un tassello nientemeno che al puzzle dell’origine dell’universo. Al “Supercomputer Center” dell’Università di San Diego in California, è stata recentemente avviata la prima simulazione numerica al calcolatore basata su questi nuovi modelli. E le prospettive di questo nuovo e affascinante settore sono state discusse da cinquanta scienziati riunitisi al Centro “Ettore Majorana” di Erice, nell’ambito di un workshop, patrocinato dalla Nato, e promosso dalla Scuola internazionale di cristalli liquidi, presieduta da Claudio Zannoni del Dipartimento di chimica fisica e inorganica dell’Università di Bologna.

I cristalli liquidi si trovano in uno stato della materia intermedio fra la fase solida e la fase liquida. “Sono sostanze costituite in genere da molecole di forma allungata che hanno la forte tendenza ad allinearsi le une con le altre”, spiega Paolo Pasini della sezione di Bologna dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e direttore del workshop, “questi sistemi presentano da un lato caratteristiche, come l’ordine orientazionale, analoghe a quelle dei cristalli e altre, come l’assenza di ordine posizionale, tipiche dei liquidi”. La spiccata capacità dei cristalli liquidi di allinearsi lungo direzioni indotte da deboli perturbazioni esterne, per esempio un campo elettrico o magnetico, li ha resi sovrani incontrastati della tecnologia dei dispaly: dai visori degli orologi ai video ultrapiatti per televisori e computer. Ma come entrano, invece, nello studio delle origini dell’Universo?

Il fatto è che la nascita dell’Universo può essere considerata come una transizione di fase della materia, che sarebbe passata da uno stato iniziale uniforme e omogeneo, a uno in cui la sua distribuzione non è uniforme: gli ammassi di materia delle galassie potrebbero essere visti come anomalie nello spazio vuoto. E proprio l’attitudine dei cristalli liquidi di modificare le fasi da ordine a disordine, li rende particolarmente appetibili per scrutare, per analogia, i segreti del Big Bang. “Esiste un processo, detto di rottura spontanea della simmetria, che è centrale per le teorie di unificazione in fisica delle particelle ed è stato usato per spiegare la formazione di strutture cosmiche, dette difetti topologici”, prosegue Pasini, “queste strutture dovrebbero essere apparse subito dopo la nascita dell’Universo e avrebbero germinato l’aggregazione di materiale poi evoluto in galassie e aggregazioni di galassie”.

Ed ecco una delle peculiarità dei cristalli liquidi. Spiega ancora Pasini: “In questi materiali si osservano ben tre dei quattro tipi di difetti topologici possibili, mentre altri materiali, per esempio i superconduttori, ne presentano un tipo solo. Pertanto, se la formazione e l’evoluzione dei difetti nell’universo primordiale è avvenuta, non può essere diversa da quella che si osserva nei cristalli liquidi quando si passa attraverso una transizione di fase. Anche in questo caso, infatti, si parte da una fitta rete di difetti che unendosi o distruggendosi l’un l’altro porta a strutture topologiche dello stesso tipo ma di dimensioni più grandi. L’utilizzo dei calcolatori permette ora di proporre modelli per simulare la formazione di queste strutture e confrontarle con i risultati che si osservano nei cristalli liquidi in laboratorio”.

Ma lo studio approfondito dei difetti topologici nei cristalli liquidi sta facendo emergere anche altri pregi, da applicare in campo tecnologico. Per esempio, Roberto Bartolino dell’Unità di ricerca della sezione di Cosenza dell’Istituto nazionale di fisica della materia (Infm) sta mettendo a punto un nuovo tipo di schermo a cristalli liquidi capace di memorizzare informazioni e, quindi, di conservare uno stato eccitato anche dopo l’interruzione del campo elettrico. Un progetto ambizioso che apre nuove e interessanti prospettive nel campo dei display.

Foto concesse dal professor O.D. Lavrentovich della Kent State University (Usa)

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