Sulla Luna Armstrong c’è stato davvero

Il ricordo dello sbarco sulla Luna è stato bruscamente risvegliato lo scorso 25 agosto dalla morte di Neil Armstrong, il primo uomo che poggiò il suo piede sul satellite. Armstrong ha fatto in tempo a festeggiare, quest’anno, il 43esimo anniversario di quella memorabile impresa, e così lo ricorda oggi il compagno di viaggio, Eugene Buzz Aldrin: “Quando Neil, Mike Collins e io ci allenavamo insieme per la nostra missione Apollo 11, sapevamo le molte difficoltà tecniche che ci aspettavano, come l’importanza e le profonde implicazioni di questo storico viaggio. Saremo per sempre uniti, e lo stesso vale per i milioni di spettatori che hanno assistito a quell’incredibile traguardo dell’umanità, non eravamo soli lassù”. 

Complottisti lunari
 a parte, se qualcuno non fosse ancora convinto che tutto questo sia successo veramente, ecco qualche pillola di informazione che lo aiuterà a uccidere definitivamente il tarlo del dubbio. 

Foto, video e documenti a palate 
È la prima, schiacciante prova a sostegno dello sbarco sulla Luna. Migliaia di manuali tecnici, articoli scientifici, schemi di progetto per ogni più piccolo componente, resoconti di missione, referti medici, contratti, analisi di campioni, trascrizioni delle comunicazioni. In tutto questo materiale in cui non si trova una contraddizione. Si tratta di documenti pubblici e accessibili (in base alle norme di trasparenza del Freedom of Information Act) che sono stati scandagliati e studiati per oltre 40 anni dagli esperti: se qualcosa non fosse tornato, qualcuno se ne sarebbe accorto. Anche perché – fa notare anche Paolo Attivissimo del Cicap  – le tecniche anti-bufala utilizzate oggi per analizzare queste prove non esistevano negli anni 60 e quindi nessuno avrebbe potuto mettersi al riparo. Si aggiungono, poi, 340 fotografie di altissima qualità (non quelle che la stampa riporta di solito) e decine di ore di riprese video. Falsificare alla perfezione tutto questo sarebbe più impegnativo che spedire davvero qualcuno sulla Luna, sottolinea Attivissimo.

La prova del sei 
Le missioni che hanno spedito un equipaggio sulla Luna sono state sei. Mentire per tutte queste volte senza farsi mai cogliere in flagrante è improbabile e richiede uno sforzo insensato. 

Controllo incrociato 
L’analisi da parte di molti esperti diversi ha portato alla luce dettagli che sono diventate prove schiaccianti. In una delle fotografie ad altissima definizione, per esempio, si nota un minuscolo puntino azzurro sul cielo nero riflesso sul casco di Aldrin (invisibile nelle foto in bassa risoluzione): è la Terra, che si trova esattamente dove sarebbe dovuta essere nel cielo lunare. 

Luci e ombre 
Non di rado si sente parlare di errori nelle fotografie che ne proverebbero la mistificazione: sulla sorgente della luce, le ombre e i riflessi sul modulo lunare. Ma queste osservazioni si basano sul comportamento della luce sulla Terra e non in una situazione di assenza di atmosfera. Da migliaia di foto, i complottisti non hanno tirato fuori che qualche dubbio. Il che, di per sé, è già una prova della veridicità dei documenti. 

La roccia siglata “C” 
Un altro argomento della teoria del complotto è la famosa lettera C che appare su una roccia lunare, come se si trattasse del componente di una scenografia lasciato per sbaglio sul set fotografico. In realtà, si tratta semplicemente di un segno sul negativo. 

La bandiera 
È uno degli argomenti (elencati anche dal Telegraph) più usati dai detrattori dello sbarco: come mai la bandiera americana sembra mossa dal vento, se non c’è vento sulla Luna? Il punto è che la bandiera è sorretta orizzontalmente da una barra di alluminio, che semplicemente ha continuato a vibrare dopo che l’asta è stata piantata. 

Il cielo 
Qualcuno si chiede come mai non si vedono le stelle. Spiegazione: le fotografie sono state scattate durante il giorno lunare, quando la luce del Sole oscura quelle più deboli. 

Le impronte 
Come mai non rimane il segno dell’allunaggio, mentre è ben visibile l’impronta della scarpa dell’astronauta? Il punto è che la roccia è dura: è normale che non sia stata scalfita dal modulo che, vista la ridotta forza di gravità, ha anche un peso minore rispetto a quello che avrebbe sulla Terra (17 tonnellate). L’impronta di Armstrong è invece impressa sulla polvere (quella stessa polvere che i motori del modulo hanno spazzato via dal sito dell’allunaggio durante la discesa). E rimane intatta per il fatto che non vi è vento. Lo stesso vale per i segni lasciati dalle diverse missioni Apollo, come documentato da fotografie ad alta risoluzione. 

La fiamma del motore 
Se non si vede del fuoco quando il modulo decolla dalla Luna è perché il carburante è una miscela di idrazina e di tetraossido di azoto, che non produce fiamme visibili quando bruciano. 

Le radiazioni 
C’è chi sostiene che gli astronauti non sarebbero sopravvissuti alle radiazioni delle Fasce di Van Allen. In realtà il breve tempo del transito e le protezioni dello spacecraft hanno ridotto l’esposizione a livelli molto bassi. 

I campioni lunari 
I campioni prelevati sul suolo lunare (alcune centinaia di chili in tutto), e unanimemente riconosciuti non terrestri e autentici, non mostrano i segni di ossidazione dovuti al passaggio attraverso l’atmosfera, riportati invece dai meteoriti ritrovati sulla Terra.  

L’accettazione russa 
Infine, se ci fosse stata qualche solida prova contro il successo degli americani, i Russi, grandi sconfitti della corsa allo Spazio, non l’avrebbero trovata?

via wired.it

Credit immagine a Nasa

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