Spazio

Il Telescopio Webb ha visto galassie che non dovrebbero esistere

Il telescopio più potente che ci sia, il James Webb Space Telescope della Nasa, colpisce ancora. Questa volta i suoi sensibilissimi occhi a infrarossi potrebbero aver scoperto galassie enormi e molto antiche che, colpo di scena, non dovrebbero esistere. Dalle sue immagini, infatti, un team internazionale di astrofisici è riuscito a svelare sei potenziali galassie nate talmente tanto presto nella storia dell’Universo e così tanto massicce che non dovrebbero essere possibili secondo le attuali teorie cosmologiche. I risultati preliminari, va sottolineato, sono stati pubblicati sulla rivista Nature e, se confermati, potrebbero cambiare radicalmente la nostra comprensione dell’Universo e della sua evoluzione.

Il Telescopio Webb e le nuove galassie

Ricordiamo che non è la prima volta che il telescopio Webb scopre galassie: lo scorso anno, infatti, ha permesso agli scienziati di individuare quattro galassie che probabilmente si sono fuse circa 350 milioni di anni dopo il Big Bang, da cui è cominciata l’espansione dell’Universo. Queste, tuttavia, erano decisamente più piccole rispetto alle nuove candidate, che potrebbero essere esistite all’incirca da 500 a 700 milioni di anni dopo il Big Bang (circa il 3% dell’età attuale dell’Universo).

Ma sembrerebbero essere troppo grandi, con un numero di stelle molto simile a quello della Via Lattea, per essere passato così poco tempo. “Semplicemente non ci si aspetta che l’Universo primordiale sia stato in grado di organizzarsi così rapidamente. Queste galassie non avrebbero dovuto avere il tempo di formarsi”, commenta la co-autrice Erica Nelson, astrofisica della University of Colorado Boulder. “Un’altra possibilità è che queste siano un tipo diverso di oggetto, come deboli quasar, che sarebbe altrettanto interessante”.

Punti sfocati

In particolare, i ricercatori hanno analizzato le immagini inviate dal telescopio Webb di una porzione di cielo vicino all’Orsa Maggiore, una regione dello spazio che il precedessore, il telescopio spaziale Hubble, aveva osservato per la prima volta negli anni ’90. Concentrandosi su una sezione dell’immagine grande quanto un francobollo, gli esperti hanno notato qualcosa di strano: alcuni “punti sfocati” di luce che sembravano troppo luminosi per essere reali. “Erano così rossi e così luminosi”, ha commentato Nelson. “Non ci aspettavamo di vederli”. In astronomia, ricordiamo, la luce rossa equivale solitamente a una luce antica. Man mano che l’Universo si espande, infatti, le galassie e altri oggetti celesti si allontanano e la luce che emettono si allunga. Più si allunga, più ci appare rossa.

Galassie troppo massicce

Da ulteriori calcoli è emerso che le potenziali galassie ospiterebbero da decine a centinaia di miliardi di stelle delle dimensioni del Sole, alla pari della Via Lattea. “La Via Lattea forma da una a due nuove stelle ogni anno”, ha precisato Nelson. “Alcune di queste galassie dovrebbero aver formato centinaia di nuove stelle all’anno per l’intera storia dell’Universo”. Talmente tanto massicce, quindi, da mettere in discussione ciò che la scienza aveva precedentemente compreso proprio sulla formazione delle galassie proprio all’inizio dell’Universo. E più precisamente, in disaccordo con la quasi totalità dei modelli della cosmologia. 

“Abbiamo trovato qualcosa di così inaspettato che in realtà crea problemi alla scienza”, commenta il co-autore Joel Leja, astrofisico della Penn State University. “Mette in discussione l’intero quadro della prima formazione delle galassie”. Questi dati, va sottolineato, sono preliminari e il team continuerà a usare le strabilianti abilità del telescopio Webb per poter confermare l’esatta natura di questi oggetti misteriosi. “Se anche una sola di queste galassie è reale, andrà oltre i limiti della nostra comprensione della cosmologia”, ha concluso Nelson.

Via: Wired.it

Leggi anche: Come prosegue il viaggio del telescopio spaziale James Webb

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

Articoli recenti

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

2 giorni fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

5 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

7 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

1 settimana fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

1 settimana fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più