Terremoto in Emilia, l’accusa dei geologi

Le calamità naturali sono più frequenti, ma lo Stato investe sempre meno nella prevenzione, spendendo dieci volte di più per gestire le emergenze dopo che si sono verificate. È l’accusa di Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi (Cng), che torna a farsi sentire dopo l’appello lanciato più di un anno fa all’allora ministro della Ricerca Mariastella Gelmini: già nel 2011, infatti, Graziano richiedeva “una riforma della governance del territorio”, sottolineando come l’Italia stesse per raggiungere un punto di non ritorno nella prevenzione e nella sicurezza idrogeologica.

Quell’appello è rimasto inascoltato. Non solo. Oggi, a un anno di distanza e dopo il terremoto in Emilia, le cose sono addirittura peggiorate, sostiene Graziano: “Con il cambio di governo non è cambiato nulla. Noi geologi ci rendiamo conto della grave crisi economica che il paese sta vivendo, ma per uscirne c’è bisogno degli investimenti giusti: cosa c’è di meglio che investire nel territorio?”. Il debito pubblico è aumentato, anche a causa delle calamità eccezionali che hanno piagato l’Italia negli ultimi tempi (alluvione del Veneto, allagamento di Genova e delle Cinque Terre, ora il terremoto in Emilia, per riportare i casi più recenti): l’acquisizione di maggiori saperi geologici diventa quindi sempre più una necessità anche dal punto di vista del risparmio.

Eppure, secondo Graziano, il vento soffia in direzione contraria. “I fondi a disposizione della nostra comunità sono sempre meno: i dipartimenti sono costretti a chiudere e il personale che ci resta non riesce a lavorare”, continua il presidente. “Inoltre, la presenza dei geologi nelle istituzioni è minima: basti pensare che al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici siamo rappresentati da una sola persona rispetto ai 100 componenti complessivi.” Anche quando riescono a dire la loro, gli esperti restano quasi sempre inascoltati: “Ci si ricorda di noi solo a ridosso di calamità naturali eclatanti. In tempi di tranquillità, quando sarebbe più opportuno e facile agire concretamente sul territorio, nessuno presta attenzione al nostro parere. Esiste purtroppo una grande difficoltà di trasferimento del sapere dalla comunità scientifica alle istituzioni”.

Il Cng si è speso molto per la prevenzione, proponendo l’istituzione di un Fascicolo del Fabbricato (simile a quello già attivo per la certificazione energetica degli edifici), denunciando i rischi che corrono molte scuole a causa del cattivo stato delle costruzioni, e intervenendo nelle discussioni locali sui piani regolatori. Ma le istituzioni hanno fatto orecchie da mercante, forse più interessate a non ostacolare il settore dell’edilizia che a garantire la sicurezza dei cittadini. “Dopo il disastro delle Cinque terre – conclude Graziano – il Presidente della Repubblica ha detto chiaramente che bisogna riconoscere ed identificare le priorità di intervento. Il terremoto in Emilia è l’ulteriore conferma che la conoscenza geologica del territorio è senza dubbio una di queste priorità”.

Credit immagine: Mario Fornasari

2 Commenti

  1. Non sono all’altezza di valutare le affermazioni di Graziano, di cui prendo atto e basta, ma 2 cose vorrei dirle.
    1) Abito in Emilia da 33 anni, di cui 29 a Modena e 4 in appennino (sì, proprio quell’appennino che spinge sulla pianura…) – in pianura non c’è più un cmq libero, si è costruito dappertutto, e quello che non è costruito è terreno agricolo supersfruttato, alberi quasi niente.Il fiume Panaro le casse di espansione ce le ha e funzionano, ma con le piene arriva lo stesso a minacciare golene dove non ci dovrebbero essere edifici, e invece ci sono e da decenni.Cosa c’entra con il terremoto? C’entra, c’entra: c’entra perchè siamo troppi e costruiamo troppo, e se vuoi dare una casa e un capannone a tanta gente tutta ammassata in pochi kmq. devi per forza contenere i costi, perciò addio criteri antisismici e via libera al mattone dappertutto. Ed ecco i risultati…Quand’è che quelli con le palandrane nere (o rosse, o bianche, a seconda del grado) la smetteranno di dirci a noi pecorelle italiane “crescete e moltiplicatevi”? In Islanda succedono cataclismi immani, ma lì sono tanto pochi che i danni sono zero…
    2) La storia sismica in zona fin qui dice che terremoti forti non ce n’erano da 500 anni circa. Ora, va bene tutto, la prevenzione e quant’altro, ma con una storia così da un lato, e l’esigenza di contenere i costi dall’altro, mi dite come si fa a dare la priorità ai criteri antisismici più restrittivi, anzichè per esempio investire sulla coibentazione termica (che, vi assicuro, da queste parti è quasi sempre ben fatta?) Qui d’inverno – TUTTI gli inverni – fa un freddo assassino, mentre i terremoti finora non sono proprio stati all’ordine del giorno…perciò se vuoi vendere una casa devi prima metterci il cappotto e i doppi vetri, e poi magari renderla a prova di grande scossa. Cinismo? No, semplice constatazione. P.S. non sono un costruttore, e non piacerebbe nemmeno a me trovarmi viva sotto le macerie: ma non sono nemmeno Alice nel Paese delle Meraviglie.

  2. Mi domando come possano essere praticati interventi di prevenzione. Ho partecipato alla costruzione di capannoni un pò in tutta italia, e in Emilia la parola d’ordine era “abbattere i costi” e dunque a differenza di altre regioni (Marche, Abruzzo in particolare che dal 1996 ad oggi hanno avuto terremoti ben più forti), si è costruito al limite della decenza. In Emilia lo sanno, avevano sempre fretta di terminare anche per intascare i cospicui contributi elargiti a mani bucate dalla UE, che dire…dispiace tanto, ma la fatalità non c’entra. Condivido il primo intervento, e a parte il fatto che è la placca adriatica che spinge sull’Appennino e non il contrario, l’intera pianura Padana è ormai un ambiente snaturato, brutto da vedersi e pieno solo di capannoni in ordine sparso.

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