Mater certa est. Il padre, a volte, no. Si moltiplicano in Rete i siti di compagnie che offrono test del Dna a pagamento, anonimi e individuali, per scoprire chi sia (o non sia) il padre biologico di un bambino. Dopo gli Stati Uniti, e diverse nazioni europee come Germania, Svizzera, Gran Bretagna e Belgio, anche l’Italia si accoda alla moda dei test genetici fai-da-te di paternità. La notizia, passata un po’ in sordina sulla stampa italiana, è rimbalzata su quella internazionale. Ed è così che il British Medical Journal (Bmj), annuncia tra le “news” della settimana che un tale Aurelio Coppola, di professione editore, ha deciso di importare in Italia il business dell’esame del Dna. Il kit completo, acquistabile on-line, costa 700 euro, si ordina e si riceve a casa. A quel punto bastano un po’ di saliva del figlio, un po’ del padre, si rimandano indietro i tamponi e si attende il responso, che in meno di una settimana promette di fugare ogni dubbio di paternità. La moda dilagante di questi test solleva diversi problemi, non solo di carattere etico, ma anche legale. Dal diritto alla privacy alla mancanza di chiare norme che vincolino la possibilità di effettuare questi test solo previo consenso di entrambi i genitori. Anche il valore in un’aula di tribunale di questi test “casalinghi” non è chiaro. In attesa di una regolamentazione legale più precisa, Giuseppe Novelli e Pier Franco Pignatti del gruppo di lavoro Genetica Forense della Societa’ Italiana di Genetica Umana, ne sconsigliano l’uso, osservando che eseguire analisi del Dna da soli, senza le precauzioni tecniche potrebbe fornire un esito errato con pesanti conseguenze sulla persona che ha effettuato il test, sulla sua famiglia, e sulla società. (da.c.)
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