Tiangong-1: rischi anche per l’Italia, seppure minimi

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La stazione spaziale cinese Tiangong-1, in caduta incontrollata sulla terra dal 2016, è ormai prossima all’impatto con l’atmosfera terrestre. Secondo un nuovo comunicato emanato dalla protezione civile italiana la finestra temporale in cui la stazione e i suoi detriti potrebbero colpire l’atmosfera, sino ad arrivare al suolo, si apre il 28 marzo per chiudersi il 4 aprile. Con il passare dei giorni questa finestra è destinata a stringersi sempre più e solamente pochissimo tempo prima dell’impatto – circa 36 ore – si potranno prevedere con maggiore precisione le aree del globo che rischiano di essere colpite dai detriti sopravvissuti all’ingresso in atmosfera.

L’area del pianeta che può essere interessata dalla caduta dei detriti è compresa in una fascia tra il 44° parallelo nord e il 44° parallelo sud e, sebbene in quest’area ci siano oceani e zone poco popolate come i deserti, vi si trovano anche nazioni come gli Stati Uniti, la Cina, Brasile, India e Italia. Per quanto riguarda la nostra Italia, le zone che potrebbero essere interessate sono quelle centro-meridionali che vanno dall’Emilia Romagna in giù.

Il monitoraggio del rientro in atmosfera della stazione spaziale cinese è seguito con molta attenzione dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) che si avvale anche delle misurazioni effettuate del centro di Geodesia Spaziale “Giuseppe Colombo” di Matera, e della collaborazione di altri enti nazionali e internazionali per l’interpretazione dei dati. Sebbene non ci siano dei protocolli internazionali codificati per l’autotutela della popolazione in merito a questo genere di avvenimenti, che questi impatti con la terraferma sono molto rari e che sino a ora mai nessun uomo ne è rimasto fatalmente coinvolto, la Protezione Civile ha stilato – tenendo conto delle informazioni presenti nella comunità scientifica e dell’incertezza connessa alle svariate variabili – un piccolo vademecum rivolto alla popolazione che potrebbe trovarsi sulla scia di caduta dei detriti.

Nel vademecum la Protezione Civile indica che: è poco probabile che i frammenti causino il crollo di edifici che peraltro sono da considerarsi più sicuri dei luoghi aperti; è consigliato, in ogni caso, tenersi lontani da finestre e vetrate. L’impatto dei frammenti, inoltre, potrebbe causare danni ai tetti degli edifici, perforandoli insieme ai solai sottostanti e determinando pericolo per le persone. Non conoscendo i dati sulla vulnerabilità degli edifici è consigliabile tenersi ai piani bassi perché ritenuti più sicuri.

Negli edifici le parti più sicure dove ripararsi durante un eventuale impatto sono: per le costruzioni in muratura sotto le volte dei piani inferiori e nei vani delle porte inserite nei muri portanti; per gli edifici in cemento armato in vicinanza delle colonne e comunque vicino alle pareti.

Alcuni frammenti di grandi dimensioni potrebbero resistere all’impatto con l’atmosfera e il suolo e potrebbero contenere idrazina, un propellente esplosivo e altamente tossico. Il consiglio generale alla vista di frammenti più o meno grossi giunti al suolo è di non toccarli, di tenersi a una distanza di almeno 20 metri e di segnalarlo subito alle autorità. In ogni caso è difficile che i frammenti più piccoli siano visibili dalla terra prima dell’impatto.

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