Titano, un’atmosfera densa di mistero

La formazione dell’atmosfera di Titano, considerata uno dei più grandi misteri dell’astronomia, potrebbe essere avvenuta in seguito a un intenso bombardamento di comete, asteroidi e altri corpi celesti, avvenuto circa 3,9 miliardi di anni fa. A sostenerlo, sulle pagine di Nature Geoscience, è un team di ricercatori dell’Università di Tokyo, dell’ateneo di Osaka e del Chiba Institute of Technology (Giappone).

“Ciò che rende tanto speciale l’atmosfera di Titano è la sua densità e l’altissima concentrazione di azoto”, ha spiegato nell’articolo di accompagnamento Catherine Neish, astronoma del Laboratorio di Fisica Applicata dell’Università Johns Hopkins (Maryland, Stati Uniti): “Sulla superficie della luna, infatti, la pressione atmosferica è circa due volte quella della Terra, e più del 95% di questo mantello gassoso è fatto di azoto”.

Nel corso degli anni si sono succedute diverse teorie sulla formazione di questo velo gassoso. Prima della missione Cassini-Huygens intorno a Saturno, nel 2004, gli scienziati non erano in grado di dire se Titano e la sua atmosfera si fossero formati contemporaneamente dalla stessa nuvola di materiale, oppure se lo strato gassoso fosse comparso successivamente.

“I dati raccolti dalla sonda Huygens – ha spiegato Yasuhito Sekine, autore principale dello studio – hanno negato la prima ipotesi”. Se l’atmosfera avesse avuto origine assieme alla luna, infatti, il suo ingrediente principale sarebbe stato l’argon che, essendo un gas più pesante dell’azoto, avrebbe avuto più possibilità di rimanere intrappolato dalla gravità. La scarsità di argon e la ricchezza di azoto, dunque, fanno pensare che Titano abbia perso la sua atmosfera originaria (ammesso che l’avesse) e che il mantello gassoso che conosciamo oggi si sia formato solo in un secondo momento.

Altre teorie più recenti giustificano la presenza di una così grande quantità di azoto chiamando in causa fenomeni vulcanici e reazioni fotochimiche, ma sono plausibili soltanto se si assume che le temperature del giovane Titano fossero molto più elevate di quelle attuali. Tuttavia, i dati raccolti dagli strumenti a bordo dell’orbiter Cassini suggeriscono una storia diversa. L’ipotesi più accreditata, infatti, è che a generare l’azoto atmosferico sia stato il bombardamento di comete, asteroidi e altri corpi celesti sulla crosta ghiacciata di Titano. Questi oggetti, in particolare, si sarebbero abbattuti con tanta energia sulla superficie da rompere chimicamente i legami dei ghiacci ricchi di ammoniaca.

Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno ricostruito lo scenario in laboratorio: hanno “sparato” a diverse velocità dei piccoli proiettili (accelerati da laser) di oro, platino e rame contro diverse miscele di ghiaccio e ammoniaca ghiacciata. Dall’esperimento è emerso che il forte calore e la forte pressione che si generano a velocità d’impatto maggiori a 5,5 chilometri al secondo rompono efficacemente il ghiaccio di ammoniaca in azoto, idrogeno e vapore acqueo.

Secondo Sekine, se anche (come sembra) Titano fosse stato freddo e privo di aria, il numero e la dimensione degli impatti che lo avrebbero colpito sarebbero bastati a generare la quantità di azoto presente oggi nella sua atmosfera. E se anche la luna di Saturno fosse stata relativamente più calda e avvolta da un’atmosfera primordiale, quel primo mantello gassoso potrebbe essere stato rimpiazzato.

“In entrambi i casi – concludono i ricercatori – il modello è in grado di spiegare la scarsità di argon”. Ora resta da capire se, a sua volta, l’ammoniaca su Titano sia apparsa durante la formazione della luna oppure successivamente.

Riferimento: doi:10.1038/ngeo1147 

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