Toilette ecosostenibili

Non solo carta, plastica e spazzatura elettronica. Il problema dei rifiuti è molto più ampio, e riguarda anche quelli organici prodotti dall’essere umano. Ogni anno in media ognuno di noi produce 50 litri di escrementi, una cifra che va moltiplicata per i 7 milioni di abitanti che popolano la Terra. Sono i numeri forniti in un articolo su Nature, che richiama la necessità di soluzioni sostenibili dal punto di vista ambientale e sanitario, soprattutto per i 2,6 miliardi di persone che non hanno accesso ai servizi igienici e quel miliardo e più che ancora pratica la defecazione all’aperto. Un utile approccio è quello dell’“ecological sanitation design”, che punta al riuso e al riciclo dei rifiuti organici, per esempio come compost, dopo i necessari trattamenti di rimozione dei metalli pesanti e dei virus. Nature ne fornisce alcuni esempi illustrando i progetti più innovativi di quattro pionieri della ‘green sanitation’.

Come quello di Peter Morgan, scienziato ambientale che ha progettato ad Harare, in Zimbabwe, la Blair VIP (ventilated improbe pit) toilet, un bagno ventilato che elimina la proliferazione delle mosche, diffusa dove si pratica ancora la defecazione all’aperto. Il bagno di Morgan si compone di una buca scavata nel terreno, rivestita di mattoni, al di sopra della quale è posta una lastra di cemento, con un foro che consente la defecazione. L’elemento fondamentale del progetto è però una presa d’aria – un tubo che parte dalla fossa e arriva fino al tetto), che intrappola le mosche attratte dagli escrementi, prevenendo quindi la diffusione delle malattie, e mantiene l’ambiente libero dagli odori. Uno studio condotto su due Blair VIP toilet e due bagni non ventilati mostra come le prime siano riuscite a intrappolare oltre 13 mila mosche, contro le 146 degli altri sistemi.

Le toilette di Peter Morgan oggi sono parte integrante del programma sanitario del paese, con mezzo milione di servizi per famiglia, e sono diffuse anche in altri paesi africani. Durano in genere fino a 15 anni, e una volta abbandonate possono essere riciclate, mentre gli escrementi si degradano fino a diventare compost. Lo scienziato ha ideato anche altri servizi igienici: come Arborloo, piccola e leggera struttura mobile costruita a protezione di una fossa. Quando questa si riempie, vengono aggiunte cenere, fogli e terra per favorire il compostaggio e controllare mosche e odori. La struttura esterna viene poi spostata su una nuova buca, e sopra al vecchio pozzo viene piantato un albero. Migliaia di questi bagni – racconta Morgan – sono stati costruiti in Malawi e circa 70.000 in Etiopia.

L’ingegnere ambientale Ralf Otterpohl della Technische Universität di Amburgo, invece, ha messo a punto delle toilette che utilizzano una tecnica originaria dell’Amazzonia brasiliana conosciuta come Terra Preta, la terra nera. Dopo l’uso della toilette, i rifiuti organici vengono trattati con alcuni batteri e coperti da uno strato di carbone, terra e pezzi di legno. L’obiettivo finale è eliminare ogni odore e produrre un compost sicuro per il riuso nelle colture industriali non alimentari. I bagni progettati in India da Shunmuga Paramasivan, dell’associazione Wherever the Need, sono invece improntati all’inclusione sociale. Più di 626 milioni di indiani praticano la defecazione all’aperto, inquinando le acque sotterranee e creando le condizioni ideali per la diffusione di malattie. L’assenza di bagni nelle scuole o la mancanza di strutture adeguate costringe le adolescenti ad assentarsi spesso o addirittura a interrompere gli studi. Non solo: per poter defecare all’aperto, le donne devono aspettare il buio, diventando così più esposte a stupri e violenze. Così Paramasivan ha progettato a Cuddalore, nel Tamil Nadu, due blocchi di servizi igienici colorati e comodi, in modo da promuoverne l’uso proprio tra le ragazze.

Il problema degli escrementi – dunque dei trattamenti delle acque reflue poco efficaci, o dell’uso dei fanghi di depurazione come fertilizzanti anche quando contengono metalli pesanti e farmaci – riguarda anche i paesi industrializzati: l’edificio della San Francisco Public Utilities Commission si è dotato di un sistema di gestione integrata delle acque, sostenibile e a basso consumo di energia. Living Machine, questo il suo nome, pratica il trattamento delle acque reflue per il riutilizzo negli scarichi dei bagni. L’acqua piovana è raccolta dal tetto e dall’area giochi per essere usata nell’irrigazione. Il sistema – ha spiegato Ed Harrington, amministratore dell’agenzia – è in grado di ridurre i consumi di circa il 65%, producendo un risparmio di 3 milioni di litri di acqua potabile all’anno.

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