Tra Darwin e Gould

Secondo Darwin l’evoluzione per selezione naturale è un processo lento, che si svolge nell’arco di periodi di tempo molto lunghi, e difficile da osservare nel corso dell’esistenza umana. Questo è il motivo per cui il naturalista inglese osò contraddire Lord Kelvin e il suo calcolo dell’età della Terra: meno di 100 milioni di anni non sembrano sufficienti a giustificare la diversità delle forme di vita attualmente osservabili.

L’opinione secondo cui la “natura non facit saltum” è stata al centro di un acceso dibattito tra biologi, durato per più di un secolo, sulla relazione fra la micro e la macro-evoluzione. La microevoluzione, il tipo di evoluzione di cui possiamo essere testimoni in prima persona, è il fenomeno per cui, ad esempio, differenti tratti morfologici delle falene si succedono l’uno all’altro in funzione del grado di inquinamento sulle cortecce degli alberi in Inghilterra. Ed è grazie alla microevoluzione che possiamo usufruire dei vantaggi degli incroci di animali e piante, e anche venire infestati da ceppi sempre nuovi di influenza o di Hiv. La macroevoluzione, invece, è all’origine del processo di speciazione, ovvero del sorgere di nuove specie di animali e piante. Come si sono evolute le balene a partire dai mammiferi terrestri? Attraverso quali tappe i piccoli dinosauri si sono trasformati nelle moderne varietà di uccelli? Secondo Darwin bastava estrapolare i cambiamenti che siamo in grado di osservare nelle falene e nei virus su una scala maggiore, di milioni di anni e migliaia di generazioni, per colmare il divario che separa i diversi gruppi di organismi esistenti, per trovare cioè gli “anelli mancanti”.

Negli anni ‘70 emerse una nuova scuola di pensiero, animata dall’entusiasmo di un piccolo gruppo di paleontologi guidati da David Raup, Stephen J. Gould e Niles Eldredge. Era il primo serio tentativo di mettere in discussione il dogma darwiniano del cambiamento evolutivo lento e graduale (ma non il darwinismo in sé, come gli esponenti della nuova corrente hanno ripetutamente sottolineato). La macroevoluzione fu immediatamente vista come un fenomeno completamente diverso, che non poteva essere facilmente riconducibile a un accumulo di cambiamenti graduali. Nasceva così la teoria degli “equilibri punteggiati”: i cambiamenti avvengono molto rapidamente rispetto alla scala temporale geologica, e sono seguiti da lunghi periodi di stasi.

Johathan Losos, Kenneth Warhelt, e Thomas Schoener, in un articolo pubblicato sul numero del 1° maggio 1997 di Nature, riportano uno studio che può inaspettatamente mettere d’accordo la teoria di Darwin e quella di Gould. Losos e i suoi collaboratori hanno effettivamente osservato alcuni cambiamenti evolutivi avvenuti nell’arco di un decennio, un tempo molto inferiore al tempo più breve ipotizzabile dai difensori degli equilibri punteggiati, e di ordini di grandezza inferiore a quello che avrebbe concesso un qualsiasi darwiniano tradizionale. Eppure, quella che i ricercatori hanno osservato non è altro che la vecchia, cara microevoluzione darwiniana.

Gli esperimenti condotti da Losos e colleghi sono in effetti molto semplici. Dopo aver individuato alcune isole dell’arcipelago delle Bahamas sulle quali non viveva nessuna specie di lucertole, hanno raccolto alcuni campioni di Anolis sagrei, una specie di lucertola ben conosciuta, e ne hanno introdotto alcuni individui su ogni isola. Su alcune delle isole più piccole le popolazioni appena arrivate si sono velocemente estinte, probabilmente per mancanza di cibo e di territorio per svolgere le loro attività vitali. Ma tutte le popolazioni introdotte nelle isole più grandi sono sopravissute e hanno prosperato, e alcune di esse contano attualmente più di 700 individui. I ricercatori americani hanno quindi misurato diversi elementi della morfologia dei discendenti degli individui pionieri.

Con somma soddisfazione hanno scoperto che le lucertole avevano subito notevoli cambiamenti. In particolare, le zampe posteriori erano diventate più corte. E, elemento più interessante, questo tipo di cambiamento era esattamente quello ipotizzato sulla base di accurati studi già condotti su questi animali. Esiste una relazione diretta tra la lunghezza delle zampe e le dimensioni dei rami sui quali questi animali camminano. Se le zampe più lunghe sono meglio adattate a rami di diametro maggiore, perché consentono di spostarsi più velocemente, esse sono di impaccio su rami più sottili perché diminuiscono l’agilità. Poiché su tutte le isole colonizzate di recente i rami degli alberi erano più piccoli di quelli presenti nell’habitat originario da dove provenivano le lucertole importate, il fatto che gli animali dovessero ridurre la lunghezza delle loro zampe posteriori si inserisce perfettamente nella teoria darwiniana. Quello che è un po’ meno classicamente darwiniano è il fatto che il cambiamento sia avvenuto in un lasso di tempo così breve.

Ovviamente, queste lucertole non continueranno a evolversi con un ritmo così veloce, altrimenti le loro parenti distribuite su tutti i Caraibi avrebbero fatto lo stesso nel corso degli ultimi milioni di anni. Cosa che comporta l’intervento di un periodo di stasi, la seconda fase prevista dalla teoria degli equilibri punteggiati. L’importanza del lavoro di Losos, Warhelt, e Schoener è che il cambiamento osservato si è prodotto ripetutamente, in un lasso di tempo molto breve, e nella direzione predetta sia dalla teoria sia dai dati comparativi a disposizione. Si tratta di un contributo fondamentale in direzione di una trasformazione della biologia evoluzionistica in una scienza predittiva e non solo descrittiva. Anche se occorrono ancora numerose ricerche per scoprire, ad esempio, il contributo rispettivo dei fattori genetici e di quelli ambientali nella spiegazione di questi risultati, si tratta di una buona dimostrazione del fatto che sia possibile osservare la selezione naturale in azione, forse in un modo e ad un ritmo che né Darwin né Gould avrebbero potuto immaginare, ma che sarebbe piaciuto ad entrambi.

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