Spazio

Tracce di laghi salati sulla superficie di Marte

C’erano laghi salati su Marte. Questo è quello che ha trovato il rover Curiosity della Nasa sulla superficie marziana, analizzando i sedimenti nel cratere Gale. La scoperta, annunciata sulle pagine di Nature Geoscience da William Rapin e colleghi, conferma quanto osservato qualche anno fa dalle osservazioni satellitari. E potrebbe essere la traccia di fluttuazioni climatiche che hanno interessato il Pianeta rosso nel suo lontano passato, dai 3,3 ai 3,7 miliardi di anni fa, a causa delle quali l’acqua sarebbe via via evaporata, lasciando bacini ad alta concentrazione di sali: qualcosa di molto simile alla salamoia.

A caccia di sali su Marte

Il rover Curiosity ha raccolto informazioni sul cratere Gale, conducendo indagini geochimiche attraverso il suo spettroscopio ChemCam. Sul luogo dell’indagine ci sono depositi di argilla arricchiti di solfati, probabilmente di origine fluvio-lacustre. Su uno strato di roccia di 150 metri, le tecnologie di Curiosity hanno individuato alte concentrazioni di un sale, il solfato di calcio, disseminato a intermittenza, e su uno strato di roccia più sottile anche di solfato di magnesio. Come suggeriscono i ricercatori, questi sali si sarebbero probabilmente depositati ai margini dei laghi.

Variazioni marziane del clima

Gli strati salini non sono solo tracce di acqua salata ma sono particolarmente importanti perché raccontano parte della storia della superficie e del clima marziano. Infatti si sarebbero depositati all’evaporare dell’acqua dei laghi, lasciando spazio a bacini di salamoia, soluzioni d’acqua con alta concentrazione di sale. Secondo gli scienziati, questo sarebbe dovuto alle variazioni del clima marziano, avvenute nel periodo chiamato Esperiano (tra 3,7 e 3 miliardi di anni fa), caratterizzato da un’intensa attività vulcanica e durante il quale il pianeta sarebbe progressivamente passato al clima arido e freddo che osserviamo oggi e l’acqua di fiumi e laghi man mano scomparsa. Lasciando però tracce di quel passato che oggi sembrano sempre più evidenti.

Riferimenti: Nature Geoscience
Immagine: JPL/Nasa

Giancarlo Cinini

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