Il tumore alla prostata è la neoplasia più diffusa nella popolazione maschile. In Italia rappresenta il 18% delle diagnosi di tumore tra gli uomini, ed è il terzo più letale (8% dei decessi). In cifre, 34.800 nuovi casi (stimati) nel 2017, e 7.174 decessi registrati nel 2014 (a quando risalgono i dati più recenti dell’Istat). Si tratta dunque di una neoplasia diffusa, particolarmente comune per gli uomini superati i 50 anni, e non sempre aggressiva: la percentuale di pazienti che sopravvive a cinque anni dalla diagnosi infatti è ormai superiore al 91% (i dati arrivano da “I numeri del cancro in italia 2017”). Ma resta comunque una malattia con un’incidenza importante, e dall’esito potenzialmente infausto. Non è un caso dunque se da decenni si cerca di individuare una strategia di screening con cui analizzare la popolazione maschile e intercettare i tumori nelle primissime fasi di malattia. Il problema è che sul candidato principale, il cosiddetto Psa o antigene prostatico-specifico, si continua a cambiare parere.
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