Un asteroide ci schiverà

Pericolo scampato: l’asteroide 1997 Xf11 non rischierà di colpire la Terra nell’ottobre del 2028, come sembravano indicare le prime preoccupate notizie. Anziché passare vicinissimo al nostro pianeta, si terrà a una distanza di almeno 800 mila chilometri. La controversa vicenda che da quando era stato lanciato l’allarme, agli inizi di marzo, ha attirato l’attenzione di tutti i media, sembra così conclusa. E in effetti lo è, anche se gli scienziati continueranno a sorvegliare il corpo incriminato per migliorare le misure e i calcoli sulla sua orbita. Ma da dove è nata una notizia così allarmante, prima diffusa a livello planetario e poi smentita quasi subito? E chi controlla che sulla Terra non arrivi davvero, prima o poi, un asteroide in grado di provocare danni catastrofici, addirittura di sconvolgere l’intero equilibrio ecologico e climatico del pianeta con il rischio di nuove estinzioni di massa?

“Tutto è cominciato nel dicembre dello scorso anno, quando l’astronomo Jim Scotti annunciò di aver osservato con il telescopio Spacewatch, un asteroide fino ad allora sconosciuto”, racconta a Galileo Andrea Carusi, presidente della Spaceguard Foundation, la rete di osservatori che tiene sotto controllo asteroidi e comete potenzialmente pericolosi. L’oggetto fu battezzato Xf11, e il gruppo di scienziati del Lunar Planetary Laboratory (Università dell’Arizona) continuò a osservarlo e a raccogliere dati sulla sua orbita. A controllare Xf11 era anche il Minor Planet Center (Mpc), un’organizzazione dell’International Astronomical Union (Iau)che raccoglie, analizza e divulga i dati delle osservazioni astronomiche sui pianeti minori e le comete. L’Mpc fornisce anche liste di questi corpi celesti, le date delle osservazioni, le distanze di avvicinamento alla Terra e i parametri delle orbite. Tutte informazioni che vanno ad arricchire gli archivi.

Secondo i calcoli di Brian G. Marsden dell’Mpc, degli scienziati del Jet Propulsion Laboratory della Nasa e dei gruppi di astronomi gruppi giapponesi e finlandesi, l’asteroide sotto controllo sarebbe passato nel 2028 a una distanza di soli 40 mila chilometri dalla Terra. Certo, l’orbita era stata calcolata su un arco di tempo di soli 88 giorni, e questo lasciava un ampio margine di incertezza sulle previsioni. “Lo stesso Marsden”, continua Carusi, “ha chiesto allora, in una circolare dell’International Astronomical Union di estendere l’arco temporale su cui effettuare i calcoli, sia con ulteriori osservazioni, sia andando alla ricerca di un’eventuale prescoperta. Spesso capita infatti che si osservi un nuovo oggetto e poi ci si accorga di esserselo lasciato sfuggire in qualche osservazione precedente ”.

E così, cercando altre testimonianze negli archivi, l’astronoma Eleanor Heline del Jpl ha trovato una foto del 1990 in cui si poteva riconoscere proprio Xf11. “Ciò ha permesso di estendere a sette anni l’arco di tempo su cui effettuare i calcoli dell’orbita, ottenendo un nuovo risultato molto più preciso per la distanza di minimo avvicinamento alla Terra. Non si è trattato quindi di un errore nei calcoli precedenti o di una smentita, ma si sono semplicemente migliorate le misure grazie ai nuovi dati”, precisa Carusi.

Attualmente l’asteroide continua a essere sotto osservazione, anche perché qualcuno sostiene ancora che una probabilità di impatto con la Terra, anche se piccolissima, esiste. Per esempio, alcuni scienziati tedeschi stanno cercando nei loro archivi le osservazioni astronomiche del 1957: trovare tra quei dati tracce di Xf11 estenderebbe l’arco di tempo su cui effettuare i calcoli a 40 anni e le misure sull’orbita sarebbero sempre più precise.

La Terra sembra dunque ben protetta dalle osservazioni degli scienziati addetti alla previsione di eventi catastrofici come l’impatto con un asteroide. Anche se, a ben guardare, sono davvero tanti gli oggetti di dimensioni superiori al chilometro che ci orbitano intorno. Qualcuno ne ha contati circa 2000. E rappresentano un vero pericolo, perché una loro caduta sul nostro pianeta potrebbe causare conseguenze imprevedibili sul clima e sulla temperatura terrestre, oltre che migliaia di morti.

“Nei 4,5 miliardi di anni del nostro pianeta si sono verificati quattro o cinque impatti violenti”, continua Carusi, “tanto violenti da causare l’estinzione di massa di molte forme di vita, come potrebbe essere avvenuto per i dinosauri. Si tratta però di fenomeni molto rari, che avvengono in media una volta ogni 100 milioni di anni. Le collisioni di minore entità sono invece relativamente più comuni. Mi riferisco a quelle dovute a oggetti delle dimensioni di un chilometro, che si verificano in media una volta ogni 10 mila anni, e possono provocare anche importanti cambiamenti climatici. Infine ci sono piccoli oggetti che finiscono con grande frequenza sul nostro pianeta, anche se nessuno se ne accorge. Noi della Spaceguard Foundation studiamo solo gli asteroidi e le comete che possono passare vicino alla Terra, e tralasciamo i corpi più lontani, perché non ci danno assolutamente problemi”. Di fronte a un evento che potrebbe diventare veramente catastrofico, l’unica arma di difesa sarebbe quella di prevederne con largo anticipo l’evoluzione, in modo da adottare in tempo le possibili misure in difesa della Terra.

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