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Un falso i resti di Giovanna d’Arco

I resti di Giovanna d’Arco sarebbero in realtà quelli di una mummia egizia. La notizia arriva dal dipartimento forense del Raymond Poincaré Hospital di Garches, vicino Parigi ed è stata pubblicata da Nature. Ottenuto lo scorso anno il permesso di studiare le sacre reliquie dell’eroina francese, Philippe Charlier, insieme altri esperti europei, è giunto alla conclusione che si tratta di una contraffazione e che i resti sarebbero appartenuti a una persona vissuta tra il sesto e il terzo secolo a.C., come hanno rivelato le analisi del radiocarbonio.

I campioni consistono in una costola umana, un femore di gatto (coerente con l’usanza di gettare un gatto nero nel rogo delle streghe), un grosso pezzo di legno carbonizzato e un frammento di lino. I ricercatori si sono serviti di molteplici tecniche di indagine: spettrometria di massa, spettroscopia a raggi infrarossi e a emissione atomica, microscopia elettronica, analisi dei pollini, nonché una nuova tecnica usata in paleopatologia che si serve dei migliori “nasi” dell’industria dei profumi francese. Sylvaine Delacourte e Michel Duriez, due esperti “olfattologi”, hanno annusato indipendentemente le reliquie mischiate in mezzo ad altri nove campioni di ossa. Entrambi hanno riconosciuto gli odori di gesso bruciato e vaniglia in quelli che erano considerati i resti di Giovanna d’Arco.

Il primo odore è coerente con la tradizione che vuole la santa legata a un palo di gesso, ma il profumo di vaniglia è in realtà indizio del processo di decomposizione dei corpi associato alla mummificazione. Tale odore è incompatibile con la morte di Giovanna d’Arca, che fu arsa viva. Gli studiosi inoltre non hanno trovato traccia di muscoli, pelle o peli. Tutte le evidenze indicano che si tratti dei resti di una mummia e non di reperti bruciati. Anche la crosta nera sulla costola e sul femore di gatto non è dovuta al processo di carbonizzazione, ma si tratterebbe di una matrice vegetale e minerale, ottenuta da resine, bitume e malachite, che spiegherebbe l’odore di gesso. Il lino, trovato insieme alle reliquie, veniva usato per avvolgere le mummie. Ulteriore smentita arriva dalla presenza dei pollini di pino, albero assente in Normandia ai tempi di Giovanna d’Arco, mentre la sua resina era largamente utilizzata nell’antico Egitto.

I resti, che sarebbero dovuti risalire al 1431 (anno dell’esecuzione), furono ritrovati nel 1867 in una soffitta di una farmacia parigina all’interno di un’urna con su scritto “Resti trovati sotto il rogo di Giovanna d’Arco, vergine di Orlean”. Riconosciuti dalla Chiesa, erano poi stati conservati presso Chinon, arcidiocesi di Tour. Ma come spiegare la presenza di una mummia egizia in terra francese? I ricercatori hanno una giustificazione anche per questo: durante il Medioevo era infatti diffuso l’utilizzo di mummie come rimedio farmaceutico. (t.m.)

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