In un paese dove le imprese che promuovono la ricerca scientifica si contano sulla punta delle dita arriva TT Venture, il fondo chiuso di venture capital finalizzato a finanziare e sostenere le buone idee in grado di rivelarsi aziende vincenti sul mercato. E’ stato promosso da sei Fondazioni bancarie (Fondazione Cariplo e Fondazioni Cuneo, Forlì, Modena, Parma e Teramo) e dalla Camera di commercio di Milano con lo scopo di fare dell’innovazione un motivo di business. Magari proprio in quei comparti – dalla biomedicina all’energia pulita – dove l’economia nazionale accusa ormai una fatica fisiologica. Ne abbiamo parlato con Carlo Mango membro del comitato di investimenti di TT Venture.
Mango, cos’è esattamente TT Venture?
“TT Venture è uno strumento dedicato a chi ha delle idee imprenditoriali e vuole promuovere, sviluppare o fare crescere una piccola o media impresa. Il tutto, però, incentrato su un elemento importante: che sia un’impresa dedita all’innovazione e ad alta densità di ricerca. Si tratta di un fondo nazionale, senza limitazioni geografiche, e che ha una caratterizzazione unica: quella di unire al proprio interno sia aspetti di seed capital – ovvero l’offerta di un capitale d’avviamento legato alla volontà di fare germogliare delle idee in fase di start-up – sia aspetti di venture capital legati allo sviluppo di realtà avviate e dalle grandi potenzialità di crescita. Infine, ultimo tassello della nostra attività è l’equity investment, la partecipazione di capitale in società esistenti, magari delle Pmi che vogliono fare un salto di qualità puntando sull’innovazione”.
Quali sono gli ambiti specifici dove il fondo è intenzionato ad agire e chi sono i suoi referenti principali?
“I settori di intervento scelti dal fondo sono le scienze della vita – dalla biotecnologia alla ricerca biomedica –, l’agroalimentare, i materiali avanzati e, infine, l’ambiente e l’energia. Ci rivolgiamo, pertanto, a tutti coloro che hanno idee, voglia di fare impresa e di cimentarsi nella redazione di un business plan. Per tutte queste persone vogliamo essere un canale dalle potenzialità importanti”.
Immaginiamo un ricercatore universitario che questa buona idea ce l’abbia. Cosa deve fare?
“Senza dubbio la ricerca universitaria rappresenta uno dei motori trainanti di questo genere di iniziative. In tal caso, un ricercatore – laddove abbia un’idea già strutturata, una piccola presentazione, sintetica, in grado di indicare con chiarezza i suoi elementi salienti e il mercato di riferimento – può prendere contatto con la Ssgi, la State Street Global Investment, la società di gestione del risparmio (Sgr) che amministra questo fondo per i suoi soggetti sottoscrittori. Ha sede a Milano ed è specializzata nella gestione di fondi di private equity e là si può chiedere direttamente del programma TT Venture. Tra una settimana circa, ancora, si potrà anche andare sul nostro sito (((http://www.ttventure.it))) per ottenere on-line tutte le informazioni e i facsimile necessari per presentare domande e progetti”.
Facciamo un passo avanti: l’idea del ricercatore viene ritenuta valida. Che succede a quel punto?
“Un motivo essenziale che sta alla base di TT Venture è la promozione di operazione di tipo culturale per il paese. A tale fine il fondo vuole essere il più performante possibile e mette a disposizione per questo tipo di proponenti anche degli specifici servizi di accompagnamento”.
Dunque non solo finanziamenti, ma anche attività di consulenza?
“L’intento è offrire una solida sponda di coaching in grado di potere “snidare” nel modo più efficace possibile le idee meritevoli. Il primato dell’idea è la cosa più importante e deve essere realizzato da persone messe in condizione di esprimere al massimo la propria professionalità. Anche in questo caso, allora, il fondo è a disposizione: con consulenze di tipo legale e manageriale, con la messa a punto di business plan, con la conduzione di analisi di mercato sulle varie iniziative”.
I tempi di questo processo sono molto lunghi?
“Direi di no. Il primo elemento da capire è se un’idea è in linea con le finalità del fondo, e questo si fa in tempi brevi. Dopo di che si decide se andare ulteriormente in profondità oppure no. Nel primo caso si parte con un vero e proprio accompagnamento al progetto, per mettere a punto l’idea di business e arrivare successivamente alla due diligence, l’analisi specifica che indica la presenza di elementi sui quali investire o meno. Dopo si può proseguire verso le valutazioni conclusive e l’investimento”.
Quanti progetti state valutando attualmente?
“Dalle metà di febbraio scorso a oggi è stata presentata circa una cinquantina di idee. Un buon numero, peraltro necessario visto che questo tipo di flusso è da sempre un elemento vincente dei fondi. Certo, il tasso di follow up, di idee che alla fine diventano progetti realmente operativi, è estremamente ridotto”.
Quanto è determinante il ritorno economico, il fatto che gli investimenti, alla fine, producano utile?
“Il nostro obiettivo è bilanciare alcune componenti di fondo: dimostrare che si può investire su una crescita sia intellettuale che economica e che in Italia si possono fare innovazione e ricerca anche in un’ottica di ritorno degli investimenti. Per certi aspetti abbiamo un teorema da verificare: che idee del genere possono essere promosse senza perdite di capitale. Proprio per questo motivo sia il numero di imprese che di investimenti articolati nel primo anno saranno soggetti a precisa regolazione da parte nostra, fino ai primi momenti di start up”.
Il fondo in che rapporti sarà con gli imprenditori?
“Una volta che parte il progetto, il fondo eserciterà un monitoraggio sulla base di regole condivise con l’imprenditore. Ricordo che il fondo è promosso da fondazioni no profit e che non ci sono soggetti mossi da mere logiche di speculazione. C’è, però, un investimento patrimoniale e un controllo sugli andamenti, da questo punto di vista, è un elemento che garantisce una osmosi tra le competenze tra chi ha messo l’idea e chi la finanzia. Pertanto, nel momento in cui il fondo investe in una nuova struttura, ne acquisisce anche una quota e seguirà i lavori di gestione nei modi classici previsti (per esempio con una partecipazione nel consiglio di amministrazione). Tutto, però, sarà oggetto di una negoziazione tra le parti. TT Venture, insomma, non vuole avere maggioranze di capitale”.
Avete previsti tetti massimi di finanziamento?
“A oggi il fondo ha raccolto 60 milioni di euro completamente sottoscritti, altri 10 milioni sono in negoziazione ed entro la fine dell’anno vogliamo arrivare a 100 milioni di dotazione. Non ci saranno tetti nei finanziamenti perché, in realtà del genere, ogni volta che sono stati imposti limiti del genere sono emersi sempre elementi di gestione problematica. Lo ripeto: a contare sono soltanto le buone idee”.