Un gene dell’obesità che fa bene alla salute

Un gene sembra aumentare il rischio di obesità ma, allo stesso tempo, amplifica anche gli effetti positivi degli omega 3 (che si assumono mangiando determinati alimenti come alcuni pesci). Il “pezzetto di Dna” dalla doppia faccia si chiama PLIN4, che contiene le istruzioni per sintetizzare una proteina coinvolta nel trasferimento dei grassi dal sangue alle cellule del tessuto adiposo. Il suo meccanismo di azione è stato ora studiato da Jose Ordovas dello Human Nutrition Research Centre on Aging di Boston, e spiegato su Plos One.

Negli ultimi anni sono state individuate numerose variazioni genetiche che sembrano innalzare il rischio di obesità, il cui effetto, comunque, sembra essere sempre piuttosto limitato. Una di queste è proprio a carico di PLIN4. Analizzando il Dna e le misure biometriche di oltre 3.600 persone europee, Ordovas ha osservato che i portatori di una particolare variante PLIN4 (“A”) mostrano un peso e un indice di massa corporea maggiori rispetto agli individui con la variante “G”. Allo stesso tempo, però, queste persone godono di maggiori effetti positivi in seguito all’assunzione di Omega-3. 

Il responsabile di questo doppio comportamento, apparentemente in contraddizione, sarebbe il microRNA “miR-522”, una piccola molecola che si trova solo nei primati, capace di regolare finemente l’espressione di proteine bersaglio. In questo caso, il microRNA riesce a ridurre del 20 per cento la quantità di proteina PLIN4 prodotta, ma solo quando questa è sintetizzata dalla variante “A” del gene.

“La variante A crea un sito d’attacco per il microRNA miR-522 – spiega Laurence Parnell, uno degli autori, a Galileo –  In questo modo la proteina PLIN4 acquisisce un nuovo livello di regolazione. È una scoperta importante che ci aiuta a capire meglio come il nostro genoma percepisca i fattori ambientali, nel caso specifico le sostanze che assumiamo con la dieta. Forse, un giorno, questa informazione su PLIN4 e Omega-3 sarà utile per fornire delle indicazioni alimentari personalizzate, insieme ad altre varianti genetiche non ancora caratterizzate”. 

Riferimento: DOI: 10.1371/journal.pone.0017944

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