Categorie: Società

Un laser per salvare gli affreschi

Sono finiti i tempi in cui i restauratori dovevano picchiettare con le nocche sulla superficie di un affresco per valutarne lo stato di conservazione. Un nuovo sistema di analisi che utilizza luce laser e onde sonore andrà ben presto a sostituire i vecchi metodi. Dopo essere stato applicato in innumerevoli settori, dalla meccanica, alla medicina, dai lettori per Cd alle casse dei supermercati, il laser è approdato nel campo dell’arte. Il lavoro è stato sviluppato all’interno del “LaserArt project” del Dipartimento di meccanica dell’Università di Ancona, programma finanziato dalla Unione europea per lo sviluppo di tecniche non intrusive per la diagnostica dello stato di conservazione di affreschi e icone. Dopo le prove in laboratorio, i ricercatori anconetani hanno testato i loro apparati su un affresco settecentesco della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Senigallia e poi su una ben più impegnativa opera trecentesca che adorna il Duomo di Orvieto.

L’idea di fondo è semplice: quando un restauratore vuole indagare un affresco, colpisce la superficie con le nocche delle dita e in base al suono emesso, riesce a capire se l’opera presenta difetti e cavità nascoste. I ricercatori hanno pensato di sostituire l’udito del restauratore con un sensore laser che misura i movimenti della superficie dell’affresco, una tecnica chiamata vibrometria laser. Inoltre, per indurre le vibrazioni non serve toccare l’opera, ma basta sollecitarla con le onde sonore. I distacchi o le cavità nascoste risaltano dato che vibrano più velocemente di quelle intatte. “Le fonti sonore possono essere diverse”, racconta Enrico Tomasini, presidente di Aivela, l’Associazione italiana per la velocimetria laser, “per esempio il suono di un organo dentro una chiesa oppure quello proveniente da un altoparlante. La vibrazione dell’affresco dipende dalla presenza di cavità”.

Questo sistema di misurazione è stato messo a punto dopo non pochi tentativi. “All’inizio usavamo per esempio gli accelerometri”, prosegue Tomasini, “l’inconveniente era che queste sonde dovevano essere applicate alla superficie, quindi veniva misurata non la vibrazione dell’oggetto, ma dell’oggetto assieme all’accelerometro. Inoltre, per opere di grandi dimensioni e di forme complesse, bisognava applicare più accelerometri, e i tempi dell’analisi si allungavano”. Un primo passo avanti è stato l’adozione dei cosiddetti sensori di prossimità, sonde che non entravano in contatto con l’opera. “Questi però non erano applicabili a superfici di qualsiasi tipo, ma solo a quelle metalliche”, ricorda Tomasini.

Il laser permette di superare tutte queste difficoltà: lo strumento non tocca l’oggetto, non ne influenza le vibrazioni e può eseguire misure su molti punti. Inoltre, può operare a metri di distanza dalle opere, senza bisogno di impalcature che portino i restauratori a contatto con le superfici.

Una telecamera integrata nel sistema trasmette su un monitor l’immagine dell’affresco e dei suoi difetti. Dopo aver misurato la vibrazione in più punti spostando il fascio laser, si ottiene un diagramma simile a quello che i restauratori hanno finora eseguito a mano. Non si esclude, per il futuro, di effettuare grazie al laser una diagnostica periodica e costituire così un archivio informatico da aggiornare nel corso degli anni con informazioni sul loro stato di conservazione.

Oltre che su affreschi il metodo è stato sperimentato con successo anche sulle icone, opere realizzate con materiali molto diversi e che presentano stratificazioni assai più sottili. “Abbiamo portato i nostri strumenti a Parigi, e al museo Benaki di Atene. Ma il sistema può essere applicato anche sulle opere civili come ponti, dighe e in generale su ogni oggetto in pietra”, conclude Tomasini.

Da noi le opere continuano a essere restaurate con i sistemi manuali tradizionali. Ma ora che la tecnica è stata messa a punto e sperimentata, i ricercatori di Ancona sperano che le sovraintendenze la adottino come una delle tecniche di riferimento per la diagnostica dello stato di conservazione delle opere d’arte, soprattutto in un paese come l’Italia che detiene il maggior patrimonio di capolavori al mondo.

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

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