Un microchip in ogni tasca

    Venticinque millimetri quadrati. Cioè un quadratino di silicio di appena cinque millimetri di lato. Eppure, in questo spazio più piccolo di un francobollo trovano spazio una memoria Ram, un sistema di registrazione dati e soprattutto un microprocessore. Insomma, un vero e proprio microcomputer, in grado di eseguire un programma, elaborare informazioni e scambiare dati con altri dispositivi. E questo chip da pochi grammi è il cuore delle cosiddette “smart card”, cioè tessere intelligenti che per il resto assomigliano in tutto e per tutto alle comuni carte di credito e che nei prossimi anni sono destinate a entrare nelle tasche di milioni di persone in tutto il mondo. Sotto forma di biglietti dell’autobus, carte bancarie, tessere fedeltà di supermercati o linee aeree, card per accedere alla pay-Tv e perfino carte d’identità, tessere sanitarie e patenti di guida.

    Inventate nel 1977 in Francia, dove hanno dilagato e sono state usate prima come schede telefoniche, poi come carte di credito, bancomat e molto altro ancora, ora le smart card sono pronte a conquistare il resto del mondo, Italia inclusa. E si porteranno dietro un vorticoso giro d’affari: secondo le proiezioni i 350 milioni di smart card distribuite quest’anno diventeranno 1,1 miliardi entro il 2003, con un business da oltre due miliardi di dollari.

    Per la verità, l’invasione delle smart card è già iniziata da un pezzo anche se forse molti non se ne sono accorti. Oggi il 45 per cento degli esemplari prodotti è destinato al mercato della telefonia e ogni cellulare Gsm ne nasconde una. Vi sono registrati il numero di telefono, il codice che identifica ogni abbonato all’interno della rete, i dati sul tipo di contratto e così via. Tutto protetto e crittografato per difendersi da chi tenta di clonare un cellulare o di chiamare alle spalle di qualche ignaro utente, come avveniva con i telefonini di prima generazione.

    E proprio la sicurezza potrebbe essere il punto di forza delle smart card del futuro, visto che offrono standard di protezione che surclassano quelli delle attuali tessere magnetiche e dei computer collegati sul web. Michel Ugon, che le ha inventate assieme al connazionale Roland Moréno e che oggi guida la divisione sicurezza della Bull a Parigi, non ha dubbi: “Basta un po’ di esperienza e le bande magnetiche delle carte di credito diventano quasi un libro aperto: in pochi minuti se ne possono carpire tutti i segreti. E un computer da scrivania collegato in rete non è molto più sicuro. Roba da hacker di medio livello”. Mentre le smart card? “Tanto per cominciare i chip sono protetti fisicamente con una sorta di guscio che viene applicato al momento della costruzione e che impedisce le manomissioni. Poi vi è la possibilità di programmare il circuito perché si autodistrugga, letteralmente, se qualcuno tenta per esempio di inserire più di due o tre volte un codice di accesso sbagliato”.

    Ma la garanzia migliore è che tutte le operazioni di riconoscimento di un utente possono essere effettuate dal chip stesso della carta, senza che i dati viaggino attraverso una rete con il rischio di essere intercettati, come avviene oggi con il bancomat o quando si effettua un acquisto su Internet. Risultato: in Francia negli ultimi dieci anni, da quando cioè i chip hanno sostituito la banda magnetica nelle carte bancarie, il tasso di frodi è diminuito di dieci volte, mentre il numero di operazioni è triplicato. Così anche da noi l’Associazione bancaria italiana (Abi) si è decisa a seguire l’esempio. Entro il 2001 inizierà la distribuzione delle prime tessere ed entro il 2004 la sostituzione dei vecchi bancomat e carte di credito con circa 20 milioni di nuove carte a microchip sarà completa.

    Non è tutto. Se i processori delle smart card attuali sono a 8 bit, quelli della generazione prossima ventura saranno da 16 o addirittura 32 bit. Il che significa possibilità di sfruttare queste tessere per applicazioni e servizi sempre più complessi e raffinati. La stessa tessera potrebbe per esempio servire come carta di credito e bancomat, borsellino elettronico, tessera telefonica, biglietto per i trasporti pubblici e tessera fedeltà per compagnie aeree, hotel o catene di supermercati. Per non parlare poi della possibilità di sostituire con le tessere a microchip anche i documenti. Entro pochi anni carte d’identità, patenti e tessere sanitarie di cartoncino potrebbero essere un ricordo. E chissà che mandando in pensione in vecchi documenti non si riesca a fare lo stesso anche con qualche carta da bollo.

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