Un mondo di malattie mentali

Più di 450 milioni di persone soffrono di disturbi mentali o disordini neurologici, ma i politici e i governi si rifiutano di affrontare il problema. Lo ha denunciato l’Organizzazione mondiale della sanità nel suo rapporto annuale presentato il 4 ottobre scorso a Ginevra. La pubblicazione mostra come la ricerca medica e la sensibilità sociale possano essere coordinate per combattere le barriere reali e immaginarie e curare così la salute mentale. Un’esigenza sentita a livello planetario. Già, perché circa il 25 per cento della popolazione mondiale – concentrata soprattutto nei paesi in via di sviluppo – soffre di qualche disturbo mentale durante la propria vita. E queste patologie pesano per il 12 per cento nel computo mondiale delle malattie. Le cifre parlano chiaro: 120 milioni di persone soffrono di depressione, 37 milioni sono affette da Alzheimer, 50 milioni vanno incontro ad attacchi di epilessia e 24 milioni sono schizofreniche. Dati ricavati da uno studio dell’Oms che ha coinvolto 191 nazioni e che ha rilevato come il 41 per cento di queste non ha una politica della salute mentale, mentre nel 25 per cento dei casi la legislazione non è adeguata. Ancora. Circa i due terzi dei governi spendono per la salute mentale meno dell’1 per cento della spesa sanitaria totale.

“Ci sono molti paesi dove il Ministero della Sanità non esiste, e dove quindi non c’è una rete sanitaria che permetta di curare i malati mentali”, afferma Benedetto Saraceno, direttore del dipartimento di salute mentale e dipendenze dell’Oms. “I trattamenti non sono sempre soddisfacenti, e a volte si sa poco anche della natura di certi disturbi”. Una situazione più grave nel sud del mondo che però si può riscontrare anche in alcuni paesi insospettabili: “la Germania ha un sistema arretrato di cura e lì esistono ancora numerosi ospedali psichiatrici, mentre l’Inghilterra attraversa un processo di transizione. Negli Stati Uniti invece la situazione è a macchia di leopardo con stati arretrati come il Texas e altri evoluti come il Vermont”. La situazione è eterogenea anche sul versante opposto: “una storia di successo per la sanità locale è quella della Tanzania dove esistono i rehabilitation village, delle strutture di riabilitazione che accolgono anche le famiglie”, dice ancora Saraceno. È importante infatti rilanciare il ruolo delle comunità nella cura e nella prevenzione dei disturbi psichici. E su questo l’Oms, per la prima volta, prende una posizione netta: vanno aboliti i luoghi chiusi e separati (i manicomi) mentre si deve capire l’origine multifattoriale dei disturbi, il cui scatenarsi è dovuto a cause genetiche, biologiche, sociali e a fattori ambientali.

Fra le patologie che preoccupano di più c’è la depressione che, se le proiezioni si riveleranno corrette, nei prossimi 20 anni diventerà la seconda causa di malattia nel mondo. A essere colpiti principalmente donne e persone con uno status socioeconomico basso. La povertà infatti è spesso associata alla mancanza di copertura assicurativa, a bassi livelli d’istruzione, disoccupazione, appartenenza a una razza, un’etnia, o una lingua considerati inferiori. Tutti fattori che favoriscono l’insorgere di disturbi psicologici. Le donne poi devono spesso affrontare un sovraccarico di ruoli: mogli, madri, educatrici, lavoratrici. A cui si aggiungono spesso discriminazioni sessuali, povertà e violenze. Non sorprende quindi che in molti paesi siano le principali consumatrici di antidepressivi.

“Ci sono paesi”, va avanti Saracino, “dove la cura delle malattie mentali viene affidata alla medicina di base, mancano quindi figure specializzate. E spesso la cattiva assistenza sanitaria si trasforma in cronicizzazione di molte malattie”. Basti pensare all’Iran dove il 60 per cento della popolazione rurale affetta da questo tipo di disturbi viene curata dai medici di base o all’Etiopia dove esiste un solo psichiatra su tutto il territorio nazionale. Queste e molte realtà hanno indotto l’Oms a lanciare il suo appello e a proporre – grazie anche alla forme di negoziazione con i donatori e i prestatori come la banca mondiale – assistenza tecnica per disegnare politiche sanitarie innovative.

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