Un’impresa pratica attività inquinanti e dannose per la salute. Un medico denuncia il fatto. La stampa lo ignora, il potere politico lo contraddice e l’opinione pubblica lo mette in ridicolo, stroncando la sua carriera. Vengono in mente tanti episodi di cronaca, che hanno seguito questa triste parabola. Fra gli altri, quello del petrolchimico di Porto Marghera. Per il quale c’è il rischio che alcuni dei responsabili restino impuniti. Ma una vicenda di questo genere è uscita dal dominio della cronaca, per diventare un vero e proprio mito contemporaneo. Lo suggerisce la storia testo teatrale “Un nemico del popolo”, originariamente composto da Henrik Ibsen, nel 1882, poi riadatto da Arthur Miller nel 1950, è prodotto dal Teatro di Genova con la Compagnia Lavia, ed è riproposto fino al 1 Giugno al Teatro Quirino di Roma, per la regia di Marco Sciaccaluga e con l’interpretazione di Gabriele Lavia ed Eros Pagni.
Il testo racconta la storia di Thomas Stockmann, un medico impiegato presso un impianto termale, che si rende conto che l’acqua è inquinata dagli scarichi di una conceria. La contaminazione ha già provocato dei casi di tifo ed è confermata dalle analisi di laboratorio. Il medico comunica i risultati al sindaco della città, suo fratello, e si aspetta degli interventi immediati. Ma le terme sono l’unica ricchezza del piccolo centro e il sindaco suggerisce di nascondere il fatto a pubblico e bagnanti, e fare le modifiche, lunghe e costose, in tutta calma. Stockmann si ribella e confida nell’appoggio dei giornalisti, a lui favorevoli. Ma anche questi gli si rivoltano contro, quando capiscono che la ristrutturazione richiederà tasse impopolari. La retorica del potere e la campagna-stampa avranno la meglio sull’energico attivismo del medico, scatenandogli contro la persecuzione dell’opinione pubblica.
La storia, probabilmente ispirata da una vicenda reale accaduta a un medico ungherese, non fu originariamente concepita in chiave ambientalista. Probabilmente Ibsen vedeva in essa un riflesso dell’avversione da lui sperimentata per aver messo a nudo, in Spettri, le contraddizioni della società del suo tempo. Miller, poi, la riprese nel periodo del Maccartismo, per riaffermare l’importanza della libertà di esprimere la propria opinione, anche se minoritaria. Tuttavia, è la storia in sé che mostra una particolare capacità d’impressionare la fantasia di scrittori e teatranti. Probabilmente perché essa denuncia un problema che viene percepito come un elemento fondamentale della civiltà industriale. Una vera e propria tragedia moderna, se s’intende per tragedia quello che essa originariamente rappresenta. Ovvero un momento di riflessione della collettività sui problemi comuni, in particolare quelli politici.
La vicenda, infatti, contiene tutte le stazioni della via crucis della scienza nella società. Fra queste, la strumentalizzazione politica dei risultati scientifici, il travisamento mediatico, il silenzio sulle scoperte scottanti, l’inadeguatezza dei ricercatori a gestire il potere che deriva dalla conoscenza. L’allestimento di Sciaccaluga è tradizionale, ma non manca di suggerire l’attualità della vicenda messa in scena, attraverso elementi (come il cielo azzurro dipinto sul sipario, la televisione accesa al centro del palco, nella scena che apre lo spettacolo, e l’imponente doppiopetto del sindaco) che appartengono alla sfera semantica dei segnali politici ai quali siamo quotidianamente esposti.