Un pigmento contro l’Alzheimer

Un pigmento naturale estratto dall’erba di San Giovanni (Hypericum perforatum) sembra in grado di interferire nei meccanismi cellulari ritenuti responsabili del morbo di Alzheimer. Il pimento si chiama ipericina ed è già largamente impiegato in medicina per le sue proprietà antidepressive. La scoperta è stata fatta dai ricercatori dell’Istituto di Biofisica del Cnr di Pisa (Ibf-Cnr) ed è pubblicata sulla rivista internazionale Febs Letters.

Il morbo di Alzheimer è caratterizzato dall’accumulo, nel cervello, della proteina betamiloide, che forma placche (o fibre) molto stabili (resistenti anche ad elevate temperature) e insolubili. “Per lungo tempo le fibre amiloidi, che rappresentano il risultato finale del processo di aggregazione proteica, sono state considerate le principali responsabili della patologia neurodegenerativa”, spiega Antonella Sgarbossa, tra gli autori dello studio: “Molte ricerche sembrano invece convergere oggi sull’idea che la tossicità dipenda da aggregati più piccoli, detti oligomeri, presenti nelle fasi iniziali e intermedie del processo di formazione delle fibrille”. Questi oligomeri “pre-fibrillari”, continua la ricercatrice, sono solubili e instabili e hanno una spiccata tendenza ad interagire con macromolecole biologiche e strutture cellulari, causando probabilmente il danno neuronale.

L’ipericina sembra inibire l’aggregazione proteica in questi primi stadi: attraverso tecniche di spettroscopia, lo studio in vitro ha dimostrato che il pigmento può associarsi agli oligomeri (tramite interazioni intermolecolari di tipo aromatiche-idrofobiche), inibendo così la formazione delle fibre. La sostanza sarebbe dunque in grado di intervenire nella fase iniziale della patologia e, grazie alla particolarità di essere fluorescente, è anche una spia degli aggregati tossici. La ricerca ora proseguirà con una serie di test su alcune specie di protozoi. (ga.c.)

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