Categorie: Società

Un secolo di avventure

Marco Ciardi
Esplorazioni e viaggi scientifici nel Settecento
Bur 2008, pp. 458, euro 12,00

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Il desiderio di scoprire cosa c’è oltre l’ignoto costò caro a Ulisse e ai suoi compagni di viaggio, ma neanche il rischio della propria vita poté fermare la curiosità dell’eroe omerico. La voglia di conoscere non ha mai abbandonato l’essere umano e ha assunto forme diverse nel corso dei secoli. Il Settecento ha visto fiorire lo spirito della scoperta e dell’esplorazione per scopi scientifici, anche attraverso viaggi lunghi e avventurosi per terra o per mare, e perfino nei cieli con i primi palloni aerostatici. Il libro curato da Marco Ciardi, docente di Storia della Scienza e della Tecnica all’Università di Bologna, raccoglie i brani essenziali dei racconti di viaggio degli uomini di scienza che si sono spinti per primi in terre e mari inesplorati, nel tentativo di osservare luoghi mai visti o ampliare le proprie conoscenze naturalistiche e antropologiche.

Questa raccolta di testimonianze ci permette quindi di vivere i momenti pieni di fascino che devono aver caratterizzato i viaggi di esplorazione durante il “Secolo dei lumi”, leggendo per esempio le impressioni di Linneo sulla vegetazione durante il suo viaggio in Lapponia, la descrizione degli abitanti dell’Isola di Pasqua riportata in prima persona da James Cook o le “istruzioni per viaggiare nei paesi arabi” fornite da Karsten Niebuhr in seguito alle enormi difficoltà incontrate fra l’Egitto e lo Yemen.

Chi da ragazzo si è appassionato ai racconti di Jules Verne, troverà altrettanto affascinanti quelli redatti in prima persona dai veri viaggiatori, vivendo le sensazioni esclusive da loro provate al momento di ogni scoperta. Le testimonianze danno anche l’idea delle difficoltà che ogni esploratore doveva affrontare in un’epoca in cui il viaggio era qualcosa di più che uno spostamento da un luogo a un altro.

Il lungo capitolo introduttivo ripercorre l’evoluzione dei rapporti fra la scienza e i viaggi di esplorazione a partire dall’antichità, e pone l’accento sulle motivazioni utilitaristiche e ideologiche che hanno da sempre spinto l’essere umano ad affrontare i pericoli dell’ignoto per soddisfare la propria curiosità. È così che già nel Quattrocento la scoperta delle numerose isole dell’Atlantico sembrò, per esempio, dare nuova credibilità al mito di Atlantide, continente collocato da Platone oltre le Colonne d’Ercole. Questa prima parte del saggio individua poi le origini del vero e proprio viaggio scientifico nel Seicento e sottolinea come fin dall’inizio del Settecento le spedizioni iniziassero a essere pianificate con l’intenzione di verificare o smentire le convinzioni consolidate, forse anche sotto la spinta del nascente pensiero illuministico: lo stesso Linneo, pur credente convinto, cercò di dimostrare come la distribuzione degli esseri viventi non potesse essere stata determinata da un diluvio come quello descritto nella Bibbia.

Il saggio si articola poi nei capitoli che riportano le singole testimonianze: quattordici storie che corrispondono ad altrettanti nomi più o meno famosi dei protagonisti delle imprese, ciascuna preceduta da una parte introduttiva del curatore del libro e seguita dalla citazione dei passi essenziali tratti dai rispettivi diari di viaggio. Sfogliando le pagine è possibile così ripercorrere, per esempio, le spedizioni di Linneo in Lapponia, di Von Humboldt in Sud America, di Cook negli oceani Atlantico e Pacifico, di Thurnberg in Giappone. Si possono inoltre leggere le osservazioni di Spallanzani sui vulcani dell’Italia meridionale e perfino la descrizione del primo volo scientifico su una mongolfiera effettuato da Biot e Gay-Lussac per studiare l’atmosfera.La scoperta di piante e animali mai visti prima, i primi contatti con popolazioni sconosciute e con le loro usanze, le difficoltà affrontate durante i viaggi contribuiscono da sé a stimolare la curiosità del lettore.

Leggendo il libro si ha una misura anche dell’influenza che il sapere scientifico avesse sul pensiero e sull’atteggiamento sociale degli occidentali in un secolo di grandi cambiamenti ideologici. Veniamo così a sapere che nel 1780 François Levaillant diceva degli Ottentotti, nel corso della sua spedizione in Africa: “Un intendente di fisionomie, o se si voglia un bello spirito moderno, intratterrebbe la brigata assegnando all’ottentotto, nella catena degli enti, un posto fra l’orangotango e l’uomo. Ma io non ne farò mai un simile ritratto; le stimabili qualità ch’io riconobbi in esso non mi permetterebbero mai di avvilirlo in tal segno, e ne trovai sì ben fatto il cuore, che più bello me ne parve anche l’aspetto”.

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