Della proteina S100B, una molecola presente nel tessuto nervoso, si sa ancora poco. Abbastanza però per capire che si tratta di una spia efficiente per valutare la presenza di lesioni cerebrali. Sulla base di queste evidenze, raccolte negli anni dal gruppo di ricerca di Fabrizio Michetti dell’Università Cattolica, un team di ricercatori interuniversitario ha messo a punto un esame del sangue materno che, attraverso la misurazione dei livelli della proteina, individua, in caso di feti dal ridotto accrescimento intrauterino, quale di questi rischi di rimanere vittima poco dopo la nascita di emorragia intraventricolare, una grave complicazione che può insorgere in questo tipo di gravidanze. In un momento in cui nessun altro esame clinico, di laboratorio o strumentale, è in grado di fare altrettanto.
Il test, eseguito attraverso un semplice prelievo di sangue periferico materno, privo di rischi sia per la madre sia per il feto, da eseguire uno o due giorni prima del parto, è il risultato di uno studio tutto italiano frutto della collaborazione fra l’Istituto Giannina Gaslini di Genova, l’Ospedale Garibaldi di Catania, l’Università “La Sapienza” di Roma, l’Ospedale Galliera di Genova, l’Università di Siena, con i loro centri di Pediatria, Neonatologia e Medicina Perinatale, e l’Università Cattolica di Roma attraverso l’Istituto di Anatomia Umana e Biologia Cellulare.
Lo studio, pubblicato su Clinical Chemistry, promette di fornire uno strumento utile, sicuro per mamma e bambino, e di semplicissima esecuzione, per individuare nelle condizioni di iposviluppo fetale le situazioni più a rischio per lo sviluppo dopo la nascita dell’emorragia intraventricolare, la più temuta complicazione post-partum per questo tipo di gravidanze.
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