Una cura staminale

Là dove le medicine non arrivano Nereo Bresolin ha deciso di provare con le cellule staminali. L’obiettivo è quello di curare la distrofia muscolare di Duchenne, una malattia che colpisce un bambino su 3500 e di cui in Italia soffrono circa 120.000 bambini. A questo scopo il direttore della Clinica neurologica dell’Ospedale Policlinico di Milano insieme a Yvan Torrente, ricercatore presso il Laboratorio cellule staminali del dipartimento Scienze neurologiche dello stesso ospedale, hanno deciso di iniziare una sperimentazione che coinvolgerà otto bambini di età compresa fra i due e i dieci anni affetti da questa malattia neuromuscolare. La distrofia di Duchenne è una malattia dovuta alla mancanza della distrofina, una proteina che protegge i muscoli dai traumi subiti durante la fase di contrazione. La carenza è dovuta a un difetto del gene (nel cromosoma X) responsabile della produzione della sostanza. Poiché le donne hanno due cromosomi X, la malattia colpisce praticamente solo i maschi e viene perciò trasmessa ai figli da madri portatrici. I primi sintomi (debolezza dei muscoli delle cosce e delle anche) iniziano verso i 3-5 anni fino alla progressiva incapacità di camminare. I bambini che ne sono colpiti sono condannati alla sedia a rotelle entro i 10 anni di età e la maggior parte di essi muore entro la tarda adolescenza per complicazioni respiratorie e cardiache. L’obiettivo dello studio, che verrà portato avanti presso il centro Dino Ferrari, è quello di ripristinare, con cellule staminali sane la funzionalità muscolare. Nella prima fase la sperimentazione clinica consisterà nell’isolamento di cellule staminali dal muscolo della gamba dei bambini distrofici, nella loro moltiplicazione in laboratorio e nel reinserimento nel muscolo corto della mano. In pratica non verranno trattate o per così dire “corrette”. “Grazie ad apparecchiature all’avanguardia e alla messa in pratica di nuove metodologie”, dice Torrente, “siamo oggi in grado di isolare cellule staminali da vari tessuti adulti ivi compreso il tessuto muscolare. Il nostro gruppo è in grado di isolare, a partire dal muscolo distrofico, cellule staminali per poi utilizzarle in modo autologo, nello stesso paziente donatore”. I ricercatori hanno ottenuto dei buoni risultati in vitro: le cellule staminali muscolari prelevate da un tessuto distrofico isolate e re-inniettate hanno formato un nuovo serbatoio, le cellule si sono replicate e differenziate in senso muscolare. “Questi dati sono stati il presupposto scientifico per la realizzazione del protocollo clinico che verrà sperimentato presso il centro Dino Ferrari”, conferma il ricercatore. La ricerca di nuove strategie per compensare il danno muscolare causato da distrofie muscolari è tanto più importante considerato che le terapie farmacologiche finora utilizzate sono risultate inefficaci sia nel contenere i danni sia nel promuovere la riparazione muscolare. La via delle cellule staminali rappresenta quindi una soluzione? “Come primo passo vogliamo dimostrare l’innocuità di questa soluzione. Oggi non siamo ancora in grado di rispondere alla domanda se curare la distrofia muscolare con le cellule staminali sia un sogno o una concreta prospettiva”, risponde Torrente. La strada però è segnata. Se sarà dimostrata la sua innocuità ed efficacia, questo modello sperimentale sarà applicabile anche ad altre malattie? “Le future ricadute di questo studio”, conclude Torrente, “ci aprono un orizzonte ancora imprevedibile ma sicuramente applicabile a più forme di distrofia muscolare”.

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