Una donna al vertice

Ellen Johnson Sirleaf sarà la prima donna alla guida di uno stato africano. Contro ogni previsione, la candidata dello Unity Party è riuscita a battere l’ex calciatore del Milan, George Oppong Weah, da molti dato come favorito alla vigilia del ballottaggio, svoltosi il 9 novembre. Sessantrenne, politica di professione, laureata ad Harvard, incarcerata durante la dittatura di Samuel Doe e successivamente condannata a morte dal regime di Taylor, ex funzionaria delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale: questo il profilo del nuovo Presidente della Liberia. Il confronto politico tra i due candidati, condotto in modo serrato per tutto il periodo della campagna elettorale, divenuto nei giorni del voto particolarmente acceso. Già nel tardo pomeriggio del nove novembre, quando i primi risultati iniziavano a delineare la vittoria della “Lady di Ferro”, il Congress for Democratic Change (Cdc, partito di Weah) aveva indetto una conferenza stampa presso il suo quartier generale, denunciando irregolarita` nello svolgimento del processo elettorale e sostenendo di essere in possesso di prove certe ed evidenti dell`esistenza di brogli ai suoi danni. Prove che annuncia di voler portare all`attenzione della Commissione Elettorale Nazionale.

Non sono d’accordo però l’intera comunità internazionale e le organizzazioni chiamate a monitorare la bontà del processo elettorale si sono espresse in senso contrario, affermando la regolarità delle elezioni e mettendo in guardia che un’eventuale delegittimazione del risultato delle urne potrebbe condurre a un nuovo conflitto.Il clima a Monrovia è rimasto sostanzialmente calmo durante e subito dopo il voto. Non si sono registrati significativi episodi di violenza, anche se i supporter di Weah hanno continuato a lungo a manifestare per le strade al grido di “Brogli! Brogli!” mentre su quelle stesse strade, i sostenitori della Johnson festeggiavano la vittoria. Tensione e nervosismo sono aumentati a partire dal pomeriggio successivo al voto, in occasione di una grande manifestazione organizzata dal Cdc davanti alla sede della Commissione Nazionale Elettorale. Alcuni partecipanti hanno iniziato a lanciare pietre in direzione della polizia. “Senza Oppong, nessuna pace”, questo il motto urlato da centinaia di persone, per lo più giovani. Lo stesso George Weah è dovuto intervenire per sedare gli animi dei suoi supporters, invitando tutti alla calma e incitandoli a non perdere fiducia nella vittoria. Ma la sconfitta di Weah è parsa, con il passare delle ore, divenire sempre più netta, e il divario tra i due candidati ha raggiunto quasi il 20 per cento. Sconfitta che in pochi, a dire il vero, si aspettavano. Un peso importante lo hanno sicuramente avuto le alleanze politiche: molti dei signori della Guerra (Prince Johnson, Kromah, Conneh) si sono apertamente schierati a favore della candidatura di Weah, probabilmente finendo col danneggiarne l’immagine. Altrettanta importanza ha avuto la bassa affluenza alle urne. Molti sostenitori dei candidati risultati sconfitti al primo turno e esclusi dal ballottaggio si sono poi astenuti. Soprattutto in alcune contee, i seggi elettorali sono rimasti deserti: spettacolo inusuale per le elezioni africane, che ci hanno abituato a partecipazioni di massa e lunghissime file all’ingresso dei seggi elettorali. Sull’altro versante, la “Lady di Ferro” si è dichiarata soddisfatta dell’esito della tornata elettorale, definendola non soltanto una vittoria per il popolo liberiano, ma anche di tutte le donne. Ad ogni modo, Ellen Johnson Sirleaf si troverà di fronte al non facile compito di trasformare radicalmente un Paese reduce da quattordici anni di guerra. Un Paese in cui non esistono infrastrutture, dove la rete viaria è praticamente inesistente, dove mancano gas ed elettricità e dove la maggior parte della popolazione è costretta a vivere con meno di trenta dollari al mese. Un Paese in cui la gente non ha accesso neppure ai bisogni primari dell’individuo: acqua, cibo, educazione e, quasi paradossalmente, neppure alla speranza.

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