Una formula per l’ossigeno solido

Per tutti noi l’ossigeno è quel gas incolore, inodore, invisibile e necessario alla vita. Ma al Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare (Lens) di Firenze un gruppo di fisici e chimici ha scoperto la formula dell’ossigeno solido: la cosiddetta fase-epsilon. A questo stadio molecolare la composizione dell’ossigeno non è più la classica O-2 della versione gassosa, ma l’”inedita” formula O-4. Le molecole di ossigeno infatti, se sottoposte ad altissime pressioni, cominciano ad accoppiarsi a 2 a 2 e il gas diventa solido, assumendo una caratteristica colorazione rosso sangue.

Il gruppo, coordinato dai professori Fabrizio Barocchi del dipartimento di fisica dell’ateneo fiorentino e dell’Istituto nazionale di fisica della materia (Infm) e Lorenzo Ulivi del Cnr, studia il comportamento della materia in condizioni estreme da dieci anni, lavoro svolto prima in ambito universitario e dal 1995 nell’ambito del Lens. “La vera novità legata ai nostri studi”, afferma Ulivi, “consiste nell’aver capito qual è il meccanismo di aggregazione delle molecole di ossigeno quando queste sono portate a una pressione molto superiore alle centomila atmosfere”. Gli studiosi conoscono l’ossigeno solido da almeno 20 anni (il primo a studiarlo nel 1979 fu il fisico americano Malcom F. Nicol). Si tratta di uno stadio intermedio tra lo stato gassoso O-2, quello che respiriamo, e lo stato metallico che rende l’ossigeno, se sottoposto a pressioni ancora più elevate, capace di condurre elettricità.

Finora gli studiosi erano convinti che la formula chimica dell’ossigeno solido fosse identica a quella dell’ossigeno gassoso (O-2). Ma se davvero ogni molecola fosse stata composta da soli due atomi, sarebbe stato molto difficile spiegare le bizzarre proprietà dell’ossigeno solido. “Quello che abbiamo scoperto”, prosegue Ulivi, “è che il colore rosso e l’aspetto solido dell’ossigeno vengono spiegati meglio pensando a una struttura di molecole formate da quattro atomi (O-4), anziché da due (O-2)”.La scoperta, tutta italiana, ha già fatto il giro del mondo: oltre che sui giornali di casa nostra sono apparsi articoli sui maggiori quotidiani americani, tra cui il New York Times. I risultati della ricerca sono stati inoltre ospitati nelle pagine dell’autorevolissima Physical Review Letters.

Ma gli scienziati del Lens hanno ricavato molti altri spunti interessanti dalle loro indagini sull’ossigeno solido. Se infatti le ricadute sulla vita quotidiana sono per ora scarse, è certo che studi come quello italiano offrono ulteriori prospettive di ricerca sulla materia in condizioni estreme, e sulle tecnologie applicate all’alta pressione. “La maggior parte della materia esistente nell’universo, dalle stelle, al materiale all’interno dei pianeti e della stessa Terra”, afferma ancora Ulivi, “si trova in condizioni estreme. Conoscendo meglio le viscere della Terra, per esempio si potrebbero capire meglio i meccanismi dei terremoti, fenomeni dei quali ancora oggi non riusciamo a giustificare esattamente la causa”. Gli studi effettuati sull’ossigeno solido contribuiscono inoltre al perfezionamento dei complessi modelli matematici indispensabili per la comprensione di molti fenomeni non ancora riproducibili in laboratorio.

Sul versante delle tecniche usate per effettuare l’esperimento, gli studiosi fiorentini vantano un punto d’orgoglio : “La tecnologia che abbiamo utilizzato per ottenere l’ossigeno solido è tutta italiana ed è all’avanguardia nel mondo”, spiega con orgoglio Ulivi, “per esempio la cella a diamante, uno strumento che permette di esercitare enormi pressioni su corpi solidi e gassosi e che è in grado di modificarne lo stato fisico. Basandosi sull’elementare principio secondo il quale più piccola è la superficie a contatto col corpo, maggiore è la pressione esercitabile sul corpo stesso, la nostra strumentazione usa due diamanti naturali tagliati a forma di tronco di piramide e posti l’uno di fronte all’altro. Tra i due diamanti viene posto il campione, nel nostro caso l’ossigeno. A questo punto, attraverso una membrana metallica viene esercitata la pressione, fino al livello desiderato. Lo stesso risultato può essere raggiunto anche attraverso un semplice sistema a vite che però è meno preciso e incapace di ritornare a un livello di pressione inferiore”. Ma la cosa più stupefacente della macchina capace di produrre ossigeno solido sono le dimensioni : appena 5 centimetri di diametro e neanche 4 di altezza. Alla fine dell’esperimento, tra i due diamanti apparentemente attaccati, ma di fatto distanti 50 milionesimi di metro l’uno dall’altro, si distingue una parte nera (le guarnizioni di metallo che reggono il campione sulla macchina) e una parte colorata, di intensità variabile tra il rosa chiaro e il rosso scuro. Ecco a voi l’ossigeno solido.

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