Una mente a misura di robot

    Nessuno ha mai visto un elefante giocare a scacchi. Eppure l’intelligenza dei pachidermi è proverbiale. Se le cose stanno così, osservava ironicamente nel 1990 Rodny Brook, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology, bisogna ripensare cosa sia l’intelligenza. Un paradigma che immagina l’apprendimento come un processo non molto diverso da una partita giocata da Kasparov: il corpo immobile su una sedia, e la concentrazione fissata sulle configurazioni della scacchiera. Al contrario, il corpo (quello pesante di un elefante, ma anche quello di un essere umano) e la sua interazione con l’ambiente giocano un ruolo cruciale nello sviluppo della conoscenza. Da queste considerazioni muove i passi l’epigenetica robotica, una disciplina animata da una comunità scientifica ancora in formazione, che si è riunita dal 25 al 27 agosto scorsi a Genovaper un workshop internazionale. E che l’1° settembre ha avviato RobotCub, un progetto europeo di 5 anni e 8,5 milioni di euro. Il nome dell’ambito di ricerca è presto spiegato. La parola “epigenetica” fu introdotta dallo studioso dello sviluppo Jean Piaget, per indicare l’interazione del corpo conl’ambiente nella fase di apprendimento. L’aggettivo “robotica” allude al fatto che i ricercatori prendono sul serio la centralità del corpo: “Per comprendere un processo come lo sviluppo sensomotorio e cognitivo dell’essere umano, è indispensabile pensare esplicitamente non solo al sistema, ma anche a come costruirlo”, spiega Giulio Sandini, dell’Università di Genova, fra gliorganizzatori della conferenza di agosto e manager del progetto europeo. In altre parole, è necessario costruire dei corpi artificiali, ovvero dei robot.È il caso di Babybot, realizzato dal laboratorio coordinato da Sandini, il LIRA-Lab. Un robot-bambino in grado di riconoscere e afferrare oggetti in una scena. “Per imparare ad afferrare un oggetto è necessario che il sistema apprenda un repertorio non banale di comportamenti elementari”, spiega Sandini. “La realizzazione degli algoritmi di apprendimento del robot hasollevato molte domande”. L’idea di realizzare dei robot per capire l’essere umano, però, sembra avere successo. “Realizzando Babybot”, prosegue Sandini, “abbiamo suggerito e realizzato un possibile modello di controllo motorio per l’atto di afferrare gli oggetti. Poco dopo, un gruppo di fisiologi francesi ha dimostrato che questo meccanismo esiste realmente nell’essere umano”. È un caso di “embodiment”, un termine entrato nell’uso scientifico in contrapposizione alle ricerche di Intelligenza Artificiale che affrontavano il problema dell’intelligenza partendo solo dalle “mente”, senza considerare che questa era “incarnata”- embodied in inglese – in un corpo. Le domande senza risposta, tuttavia, sono ancora molte. È fondamentale, inoltre, coordinare le diverse discipline coinvolte in queste problematiche: dalla neurofisicologia, all’informatica, dalla psicologia alla filosofia. Con queste premesse si avvia il progetto europeo RobotCub. Letteralmente, l’espressione vuol dire “cucciolo di robot”, ma la sigla allude al “Cognitive Universal Body” che dovrebbe essere realizzato: una piattaforma umanoide costituita di “mindware” e “hardware”, per l’investigazione dell’apprendimento e dell’interazione uomo-macchina. Un sistema aperto che dovrebbe essere a disposizione di tutta la comunità scientifica per esperimenti futuri, dal momento che sarà brevettato con General Public Licence, e quindi accessibile gratuitamente. Al di là del ruolo di coordinazione, la ricerca italiana occupa un posto centrale in questo settore, grazie a due laboratori di riferimento mondiale (il LIRA-Lab di Genova e l’ARTS-Lab di Pisa), oltre all’Università di Ferrara, la fondazione European Brain Research Institute di Roma, e l’Istituto Italiano di Tecnologia. Le applicazioni tecnologiche di queste ricerche sono potenzialmente enormi, dal momento che i sistemi prodotti possono imparare dall’esperienza. Già ora, l’ARTS-Lab staelaborando un progetto di bio-robotica per creare protesi con capacità di apprendimento. L’interesse dell’industria nazionale, tuttavia, è scarso, e solo una multinazionale giapponese ha mostrato il suo interesse. Tuttavia, sembra che sul fronte politico qualcosa si muova. Il Ministro Moratti ha firmato un “memorandum of understanding” per formalizzare la collaborazione fra Università di Genova e il Laboratorio di Intelligenza Artificiale del Mit, ed è in via di approvazione la formalizzazione, in Liguria, di un Distretto Tecnologico sui “Sistemi Intelligenti Integrati” che dovrebbe essere il punto d’incontro fra ricerca accademica e industria.

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