L’Italia è in forte ritardo nell’attuazione di una valida politica per chi è affetto da malattie croniche. Lo rivela l’ultimo Rapporto sulle politiche della cronicità, un’indagine condotta da Cittadinanzattiva – Coordinamento nazionale associazioni malati cronici. Manca una gestione integrata della patologia e non sono garantite la continuità assistenziale, la multidisciplinarietà e la deospedalizzazione delle cure. Il rapporto ha passato al vaglio il rispetto dei 14 diritti della Carta europea dei diritti del malato nelle varie regioni italiane, trovando molte lacune e lungaggini. Dati poco confortanti, se si pensa che la percentuale di cittadini affetti da cronicità è in crescita e arriva a toccare il 36,6 per cento, con picchi di oltre il 40 nel centro Italia.
Poco più del 3 per cento del budget del sistema sanitario italiano è dedicato alla promozione della salute e alla prevenzione delle malattie croniche, malgrado la normativa richieda il 5 per cento. Così la prevenzione pesa sulle famiglie e sui pazienti. Nel 60 per cento dei casi le organizzazioni segnalano lunghi tempi di attesa per accedere a prestazioni utili per prevenire la patologia e le sue complicanze, e di conseguenza diagnosi tardive. Nel 62,5 per cento dei casi si segnala la mancanza di servizi di assistenza psicologica e la carenza di un supporto in seguito alla diagnosi, soprattutto se neonatale. Non solo: le associazioni denunciano nel 43,8 per cento dei casi un mancato accesso a farmaci indispensabili e insostituibili, con costi superiori ai 300 euro al mese soprattutto per le patologie rare; nel 46,8 per cento dei casi la necessità di acquistare in proprio i farmaci necessari e nel 40,6 segnalano che i pazienti sono costretti a comprare presidi, protesi o ausili per il supporto alla loro autonomia con costi anche superiori ai 10.000 euro l’anno.
Poco tutelato anche l’accesso ai benefici dell’invalidità e il diritto all’informazione. Su 21 regioni, solo 13 hanno dato seguito alla legge 80/2006 che ha semplificato e unificato i percorsi dell’invalidità e handicap, mentre il 55,2 per cento delle organizzazioni segnala che i propri pazienti non hanno accesso a informazioni fondamentali per gestire la propria patologia. Non va meglio la questione tempi. I lunghi tempi di attesa, così come la frammentazione del sistema sanitario, comportano sprechi di tempo, disorientamento e un aumento dei costi. A ciò si aggiunge la mancata presa in carico del paziente (60,7 per cento), aggravato dall’elevato tempo di cura che in molti casi supera le 12 ore al giorno e raggiunge le 24 ore per le patologie più complesse, come l’Alzheimer, il Parkinson in fase avanzata, la Corea di Huntington, le patologie pediatriche. (r.p.)