Uno, cento, mille geni

Gli studi sul morbo di Alzheimer stanno facendo grandi progressi. Prova ne sono i risultati che la settimana scorsa sono stati presentati ad Amsterdam da un folto gruppo di esperti provenienti da tutto il mondo. Tra le scoperti più interessanti, l’identificazione, da parte del dottor Rudolph Tanzi, del Massachussetts General Hospital, di un nuovo fattore di rischio genetico per la malattia di Alzheimer.

Gli scienziati hanno potuto osservare da tempo che chi nasce in famiglie in cui si sono riscontrati casi di Alzheimer corre un rischio maggiore rispetto agli altri di sviluppare in età tarda la malattia. E queste osservazioni ci suggeriscono che uno o più geni possano contribuire alla suscettibilità personale. Uno di questi geni implicati nello sviluppo della malattia lo conosciamo già: è detto ApoE e si presenta in diverse varietà, o alleli, e uno degli alleli, chiamato tipo 4, è associato a un accrescimento del rischio di sviluppare il morbo. Tant’è. I pazienti portatori di questo allele presentano infatti un rischio maggiore di quasi 8 volte di ammalarsi. Ma quello descritto dal dottor Tanzi è ancora un altro gene, chiamato alpha-2-macroglobulina, individuato sul cromosoma 12 che presenta alcuni alleli “a rischio” Alzheimer. Mentre molti studiosi stanno ancora discutendo sulla scoperta, bisogna dire che c’è un generale accordo tra i genetisti sul fatto che in qualche parte del cromosoma 12, nella regione studiata da Tanzi, anche un altro gene potrebbe contribuire allo sviluppo della malattia di Alzheimer. Quest’altro gene è stato chiamato Wnt-1.

Alcuni lavori condotti nel mio laboratorio a Brigham e al Womens’s Hospital fanno pensare che il Wnt-1 interagisca con i geni già conosciuti essere coinvolti nel processo della malattia e forse, per gli studi futuri, sarà cruciale comprendere a fondo l’associazione tra il Wnt-1 e la malattia. Penso che l’identificazione di questi geni che contribuiscono allo sviluppo dei meccanismi che portano alla malattia apporterà grandi benefici alla ricerca di nuovi target per la realizzazione delle future terapie farmacologiche.

La lista dei geni coinvolti potrebbe essere molto lunga. Un altro gene, infatti, chiamato presenilina, è conosciuto essere responsabile del morbo di Alzheimer quando si presenta mutato. Questa rara forma genetica di malattia spesso colpisce tra la terza e la quarta decade. Ma a dispetto della rarità della mutazione della presenilina, le ricerche sul gene sono state straordinariamente rivelatrici dei meccanismi di tutte le forme di Alzheimer. Ciononostante, si conosce ancora poco della normale funzione della presenilina e molti gruppi di studiosi sono ricorsi a sofisticate tecniche per acquisire il maggior numero di informazioni possibile sulla funzione di questo nuovo gene.

Uno dei più importanti indizi sulle funzioni di questo gene è il ruolo critico che, secondo alcuni studi, giocherebbe nello sviluppo dell’embrione: si è visto che nei topi che mancano del gene della presenilina c’è un difetto del normale sviluppo e gli animali muoiono appena dopo nati. Per stimolare ulteriormente questi studi, alcuni laboratori hanno descritto diversi partners di legame della presenilina al meeting di Amsterdam. Questi partners forniscono importanti informazioni sulla funzione della presenilina e su come questa causa la malattia.

Prima di questo meeting era già stato presentato dal nostro gruppo uno studio che dimostra come la presenilina interagisca con la beta-catenina e la delta-catenina, mentre studi del Goate laboratory di St. Louis mettono in evidenza che anche la proteina legante l’actina interagisce. Ma, in particolare, due gruppi di studio hanno dimostrato che la presenilina interagisce anche con la proteina precursore dell’amiloide, anche se, a dire il vero, questo studio è stato fortemente contestato. La proteina precursore dell’amiloide è una molecola imparentata con il principale responsabile della malattia di Alzheimer, detto A-beta: quando A-beta è scissa da questo precursore si deposita sottoforma di placche senili nel cervello del paziente. Altre nuovi interazioni con la presenilina descritte al meeting riguardano le molecole CLIP-170 scoperte dal gruppo di Robakis, la calsenilina per il gruppo di Wasco, Notch dal gruppo di Goate e sorcina dal gruppo di Tanzi. Queste nuove interazioni assieme forniscono un enorme potenziale per lo sviluppo di nuovi studi nell’ambito della biologia della presenilina, con tutte le sue possibilità.

Maggiori e più approfondite informazioni su ognuna di queste interessanti molecole si possono trovare nel libro degli abstract che si trova anche in rete nel sito web di Alzforum (http://www.Alzforum.org). Per chi voglia accedere direttamente agli abstract, ci si può connettere al sito www.alzh98.com/book.

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