Vade retro, fungo

Una scoperta che farà felici agricoltori e “pollici verdi” impegnati nell’improbo tentativo di debellare i funghi che aggrediscono le piante. Nelle scorse settimane un gruppo di ricercatori italiani ha presentato sui Proceedings of the National Academy of Sciences la struttura tridimensionale di una proteina fondamentale nel riconoscimento dei patogeni fungini. Il sistema di difesa delle piante fa affidamento sulle capacità delle singole cellule di riconoscere gli agenti che le stanno aggredendo e di attivare una risposta efficace. Questi microrganismi infatti producono degli enzimi che decompongono la parete cellulare, favorendo l’azione dei patogeni. Vi è però una proteina, nota sotto la sigla Pgip (o inibitore della poligalatturonasi), che riconosce questi enzimi e riesce bloccarli. Proprio di questa proteina è stata finalmente svelata la struttura nel Phaseolus vulgaris, il comune fagiolo. Una scoperta attesa da tempo nella comunità scientifica, della quale Galileo ha parlato con Giulia De Lorenzo, professore ordinario di Fisiologia vegetale all’Università “La Sapienza” di Roma e coautrice della ricerca, finanziata dalla Fondazione Giovanni Armenise-Harvard.Professoressa De Lorenzo, perché è importante questa scoperta?“Fondamentalmente sono due gli aspetti importanti di questo risultato: prima di tutto conoscere la struttura tridimensionale di questa proteina ci consente di comprendere a livello molecolare come si attiva questo meccanismo di difesa. Inoltre, questa struttura è comune, salvo eccezioni piuttosto rare, a tutte le proteine vegetali coinvolte nel riconoscimento degli agenti patogeni e nell’attivazione della risposta delle piante. Peraltro, tutti coloro che nei secoli si sono impegnati a migliorare le piante incrociando le varietà agivano proprio sui geni che esprimono questo tipo di proteine, pur senza sapere tutto quello che ora è noto”.Nel mondo molti gruppi di ricerca stavano lavorando da tempo per arrivare al suo risultato…“Sì, i tentativi si susseguivano da anni senza successo, sostanzialmente per una serie di problemi tecnici. Non è facile disporre in grande quantità di queste proteine, le quali inoltre cristallizzano con difficoltà. Noi siamo stati facilitati un po’ di più nel nostro lavoro per un caso fortuito: la scelta di ricavare la proteina, che si può trovare anche nelle arance e nel grano, proprio dal fagiolo. Solamente nel corso della ricerca abbiamo constatato che nel fagiolo questa proteina si esprime stabilmente e in elevata quantità, rendendo più facile il lavoro”.Attualmente esistono rimedi contro i patogeni fungini delle piante?“No. Alcuni studi hanno dimostrato che la tossina Bt, introdotta nelle piante per proteggerle dagli insetti, ha anche un effetto “collaterale” di protezione dai funghi, ma niente di specifico era stato sviluppato finora. Va sottolineato che lavorare sulle proteine Pgip significa potenziare delle proprietà endogene delle piante”. Quindi si tratta di tecnologie prive di impatto sull’ambiente e sulla salute?“Siamo ovviamente ancora alle ricerche di laboratorio, ci vorrà qualche anno per le applicazioni industriali. Comunque mi sento di dire che le modifiche che puntano a potenziare l’attività di queste proteine sono praticamente prive di rischi. Gli studi finora condotti non hanno messo in luce proprietà allergeniche nelle Pgip. Paventare rischi per la biodiversità invece sarebbe improprio, in quanto, lo ripeto, si tratta di proprietà difensive delle piante che semplicemente vengono rafforzate in maniera più precisa e selettiva di quanto si potesse fare una volta”.E ora quali sono le prospettive di ricerca?“C’è molto lavoro da fare. Da un punto di vista biotecnologico, la struttura che abbiamo descritto rappresenta un’ottima “impalcatura” perché su di essa possono essere adattati altri amminoacidi, nel tentativo di ottenere nuove vie di riconoscimento dei patogeni. Quello che stiamo facendo è anche analizzare le banche del germoplasma (il materiale vegetale da cui è possibile rigenerare una pianta intera, n.d.r.) per scovare versioni di particolare efficienza di questa proteina”.

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